IL CONFLITTO IN UCRAINA

Iss, la Russia pronta all’addio. Quali conseguenze?

Il direttore dell’Agenzia spaziale moscovita annuncia l’abbandono del programma internazionale. Gli effetti per l’Italia e gli altri paesi

02 Mag 2022

Nicola Desiderio

Iss

La Russia avrebbe già deciso di abbandonare la Stazione Spaziale Internazionale e si appresterebbe a comunicarlo agli altri paesi partecipanti con un anno di preavviso. Lo riporta l’agenzia di stampa Bloomberg citando le russe Tass e Ria Novosti le quali riportano quanto affermato da Dmitri Rogozin.

“La decisione è già stata presa, non siamo obbligati a parlarne pubblicamente. Posso dire solo – ha affermato il direttore dell’agenzia spaziale russa Roscomos – che, in accordo ai nostri obblighi, informeremo i nostri partner sulla fine del nostro lavoro con il preavviso di un anno”. La Stazione Spaziale Internazionale è stata oggetto di discussione (e di minacce) sin dalle prime fasi dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e il protagonista ne è stato proprio Rogozin. Era stato proprio lui ad affermare che, senza l’apporto russo, l’Iss sarebbe presto precipitata sulla Terra e, nonostante l’operatività non abbia subito contraccolpi, il numero uno dell’agenzia Roscomos aveva ripetutamente affermato che il ristabilimento delle normali relazioni per la Iss e gli altri progetti congiunti era subordinato al sollevamento delle sanzioni economiche delle sanzioni.

Al di là delle affermazioni, la convivenza sulla stazione internazionale con i tre cosmonauti russi (Sergey Korsakov, Oleg Artemyev e Denis Matveyev) e il fatto che la Russia continuasse ad assicurare il trasporto di tutti i colleghi americani ed europei con le loro Soyuz appariva come il segno della permanenza di una dialogo che si era stabilito dopo la fine della Guerra Fredda e che aveva proprio nella Iss uno dei simboli. Certezze che si sono affievolite qualche giorno fa allorquando Artemyev e Matveev, dopo aver provveduto a sistemare lo European Robotic Arm (Era), hanno issato all’esterno del modulo Nauka lo Stendardo della Vittoria, la bandiera che i soldati dell’Armata Rossa innalzarono sul Reichstag di Berlino il 1 maggio 1945 e che è considerato il simbolo della vittoria dell’Unione Sovietica sulla Germania nazista. Sulla stazione spaziale sono presenti, al momento, altri otto astronauti. Sei sono statunitensi (Raja Chari, Thomas Mashburn, Kayla Barron, Kjell Lindgren, Robert Hines e Jessica Watkins) e due europei: il tedesco Matthias Maurer e la nostra Samantha Cristoforetti, arrivata 4 giorni fa.

Quali effetti ci saranno per l’Iss? Il primo è riprogrammare l’utilizzo moduli russi e approntare un nuovo sistema propulsione sul quale Rogozin e la Roscomos fanno leva per intimorire gli ormai ex partner e l’opinione pubblica occidentale fino a paventare la caduta al suolo della stazione spaziale internazionale. Un anno è un tempo cortissimo per l’industria spaziale, ma è lecito pensare che tutte le agenzie spaziali coinvolte, alla luce prima della riluttanza Russa di protrarre il programma oltre e il 2024 e poi sul deteriorarsi della situazione geopolitica abbiano previsto un piano di emergenza per quella che dovrebbe continuare ad essere la prima testa di ponte per un’attività spaziale congiunta che coinvolge anche l’Italia e per tutti i programmi commerciali condotti da società private.

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