Che il dominio spaziale sia diventato infrastruttura critica lo si capisce dal Documento Programmatico Pluriennale (DPP) della Difesa 2025‑2027: il capitolo “Sistemi spaziali” non è un contorno, ma un asse strategico che tiene insieme osservazione della Terra, comunicazioni protette, situational awareness e — novità non marginale — strumenti di accesso allo spazio e piattaforme stratosferiche. Numeri, scadenze e piani compositi che chiedono però una governance all’altezza: realmente interdisciplinare, con un coordinamento politico‑tecnico più marcato del Comint, il Comitato interministeriale per le politiche relative allo spazio e all’aerospazio.
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I programmi: cosa dice il DPP
Il DPP mette in pista la terza generazione di satelliti ottici (due piattaforme con sensore elettro‑ottico ad altissima risoluzione) per garantire la continuità della capacità nazionale di Osservazione della Terra. Il cronoprogramma spinge fino al 2031 con un profilo finanziario che supera i 556 milioni di euro sull’arco pluriennale. In parallelo, prosegue l’espansione di COSMO‑SkyMed per completare la costellazione a quattro satelliti entro il 2026/27. Sono scelte che blindano la catena del dato duale (civile e militare) e la sovereignty sulla raccolta di immagini in scenari di crisi.
Sul fronte delle reti protette, il DPP conferma SICRAL 3 (satcom geostazionario di nuova generazione) con un profilo di spesa pluriennale nell’ordine dei 288,29 milioni tra 2025 e 2029, cui si sommano le risorse del Bilancio Ordinario e del MIMIT e l’integrazione prevista dalla Legge di bilancio 2025 per completare il programma. Al contempo prende quota lo studio di una costellazione LEO per comunicazioni a bassa latenza (5 milioni già nel 2025) e un gap‑filler orbitale (Beacon) per tutelare la posizione GEO legata a SICRAL 1 fino al 2026. Qui la logica è di resilienza: continuità di servizio, ridondanza architetturale, protezione dei “diritti” orbitali.
Accanto a ciò, la Difesa prevede il satellite SICRAL R1, un asset geostazionario “di riserva” per assicurare la resilienza SATCOM in caso di indisponibilità o degrado delle capacità in essere: 300 milioni entro il 2029, con step principali nel 2026‑2028. È assicurazione operativa, ma anche tassello di una postura più mission‑centric in scenari che vanno dal Mediterraneo all’Indo‑Pacifico.
La protezione degli asset orbitali passa poi per la Space Situational Awareness / Space Surveillance and Tracking (SSA/SST): il DPP stanzia oltre 103 milioni fino al 2029 per radar, sensori e capacità di classificazione/monitoraggio dei detriti e degli oggetti in orbita. È l’infrastruttura invisibile senza la quale ogni altra capacità diventa fragile
Capitolo accesso allo spazio: due piste. La prima è il Piano Spaziale della Difesa (110 milioni complessivi fino al 2039), che mira a orchestrare in chiave multi‑domain le esigenze operative dei prossimi due decenni e integra il programma HORUS. La seconda è l’asse suborbitale e il lancio aviotrasportato di piccoli payload (dimostratori e de‑risking fino al 2030) e le piattaforme stratosferiche HAPS a elevata persistenza per potenziare l’ISR, anche con compiti EW e SIGINT/ELINT. Sono mattoni di responsive space, deterrenza e protezione delle LEO, con una forte valenza tecnologico‑industriale nazionale.
Infine, un dato spesso dimenticato: fra le misure di sostegno, la Legge di bilancio 2025 prevede 149 milioni per il mantenimento in efficienza dei satelliti della Difesa (MCO) — il “carburante” che tiene in vita il sistema.
La cornice politica: gli “Indirizzi” e il ruolo del Comint
Sul piano della policy, il 25 novembre 2024 il Comint ha approvato gli Indirizzi del Governo in materia spaziale e aerospaziale, documento poi pubblicato a gennaio 2025. Quattro gli assi: benefici alla società, competitività industriale, contesto regolatorio efficace, cooperazione internazionale mirata. È il perno che dovrebbe allineare Difesa, ASI, MIMIT e altri dicasteri in una traiettoria coerente.
Nelle comunicazioni istituzionali, il MIMIT ha legato gli Indirizzi a un’agenda di sovranità tecnologica, sicurezza lungo l’intero ciclo di vita dei programmi e partecipazione a IPCEI e grandi missioni (anche con il contributo all’ecosistema Artemis), ribadendo l’ambizione italiana nel 2024 “anno dello spazio”. Tono proattivo che riflette una stagione di investimenti e space diplomacy.
Al quadro si aggiunge la Relazione alle Camere del Presidente del Comint sulle attività 2024: il testo rimarca il consolidamento del coordinamento strategico (approvazione degli Indirizzi, priorità su cyber‑security, IA e base industriale) e, con realismo, il confronto competitivo con i servizi commerciali globali (Starlink) rispetto a iniziative europee come IRIS², con implicazioni di strategia e tempi di dispiegamento.
Le opinioni: perché “ricalibrare” la governance
Qui si apre il nodo. Diversi osservatori sottolineano che, accanto ai piani, serva una riforma di governance capace di ridurre sovrapposizioni e accelerare l’esecuzione. Start Magazine legge negli Indirizzi un chiaro invito a “riformare in maniera efficiente la governance nazionale del settore Spazio”, con una legge quadro che dia competenze chiare, incentivi al venture capital e un fondo per applicazioni duali. Linea che spinge a definire “chi fa cosa” — e come si finanzia — lungo la filiera pubblico‑privata.
La riflessione del Space Economy Institute insiste sulla stessa traiettoria: sovranità e nuova governance come cardini, con un richiamo esplicito a regolazione e coordinamento per tradurre l’innovazione in capacità e mercati, evitando dispersioni.
In chiave normativa, Formiche ha dato voce a giuristi e accademici (ASI inclusa) sul disegno di legge “economia dello spazio”, che ridisegna la cornice e — nelle intenzioni — istituisce un modello di governance più nitido. Una direttrice confermata anche da comunicazioni dell’ASI sull’avanzamento della legge, presentata come passaggio “epocale” per il settore.
Le letture non sono solo celebrative. Un’analisi de Il Post ha raccontato il Comint come luogo cruciale ma dalla “marcia” ancora discontinua, reso più visibile dal dossier Starlink: un segnale che il coordinamento interministeriale, specie quando tocca interessi industriali e scelte buy‑vs‑ally, richiede processi più rapidi, trasparenti e capaci di mediazione. È il cuore del problema: policy‑making veloce in un settore dove il “tempo‑spazio” è un vantaggio competitivo.
A livello di policy research, lo IAI ricorda come il riassetto del 2018 e la spinta del PNRR abbiano innescato una stagione di crescita, con opportunità e rischi di sostenibilità post‑2026: senza una domanda pubblica stabile e una governance che consolidi mercato e competenze, la curva rischia di piegarsi. Anche qui, l’idea di un coordinamento forte e interdisciplinare è condizione abilitante.
Perché serve un Comint “più marcato”
Nel concreto: il DPP distribuisce compiti e budget tra Dicasteri (Difesa, MIMIT), ASI, industria e ricerca. Le linee su SSA/SST, satcom GEO e LEO, HAPS e suborbitale richiedono integrazione operativa (standard, sicurezza by design, cyber, gestione del traffico spaziale), integrazione industriale (PMI, prime, supply chain) e integrazione scientifica (università, centri di ricerca). È la definizione stessa di “interdisciplinare”. Un Comint dotato di program management office robusto, segreteria tecnica agile e meccanismi di indirizzo/monitoraggio misurabili (KPI, milestone, stage‑gate) può comprimere i tempi decisionali e rendere coerenti le scelte di bilancio con quelle industriali e regolatorie. La Relazione 2024 traccia un inizio, ma per passare dalla “vision” all’implementazione occorrono strumenti di delivery centrali e accountability.
Cinque cantieri prioritari
- Legge quadro + decreti attuativi rapidi. Senza l’operatività dei decreti, la riforma resta cornice. Va chiarita la catena di responsabilità tra Comint, UPSA a Palazzo Chigi, ASI, MIMIT e Difesa, e la titolarità sui data policy (accesso, condivisione, security classification) dei sistemi pubblici.
- Piano dati nazionale “space‑enabled”. I programmi di osservazione della Terra (da CSG a IRIDE) hanno senso se i dati vengono fusi, standardizzati e portati alle amministrazioni e all’economia reale. Qui serve una cabina unica, con Difesa, ASI e PA, per evitare duplicazioni e favorire downstream e servizi.
- Filiera e VC/Private Equity Gli Indirizzi spingono su fondo duale e capitale di rischio: priorità da integrare con procurement innovativo, test‑beds e fast track per dimostratori (HAPS, suborbitale, in‑orbit services). La letteratura e i dati Politecnico/Osservatori mostrano un ecosistema dinamico, ma ancora bisognoso di scala.
- Sicurezza by design. SSA/SST, cyber e resilienza delle catene di fornitura vanno considerati requisiti essenziali nei bandi e nei Piani industriali. È quanto indicano Indirizzi e Relazione alle Camere, con la necessità di un disegno unitario di space traffic management.
- Diplomazia industriale. Fra IRIS², ESA e accordi bilaterali, l’Italia deve massimizzare ritorni e posizioni di leadership, evitando duplicazioni europee e dipendenze squilibrate. Su questo punto il Comint può (deve) essere la sede di allineamento tra priorità nazionali e dossier UE/NATO.
Il punto di caduta
Il DPP 2025‑2027 mette sul tavolo capacità concrete: immagini, comunicazioni sicure, vigilanza dello spazio, accesso e reattività. È una base solida. Ma perché i programmi vadano a “segno” dentro una competizione globale accelerata, la governance italiana merita di essere ricalibrata: interdisciplinare nel metodo, mission‑oriented negli obiettivi, coordinata più marcatamente dal Comint nel merito e nel tempo. In altre parole: non solo più riunioni, ma più delivery — con procedure snelle, responsabilità chiare e un’agenda comune che unisca Difesa, industria, ricerca e PA.
Se lo faremo, i numeri del DPP smetteranno di essere tabelle e diventeranno capacità operative, market share e sicurezza nazionale tangibile. E l’Italia, che ha investito e costruito tanto, potrà giocare davvero nel “campionato” dello spazio europeo e globale, senza accontentarsi del ruolo di comprimaria.





