Lo scorso 11 giugno, il Senato ha approvato il disegno di legge relativo alle “Disposizioni in materia di economia dello spazio” che introduce un quadro normativo organico per regolare l’accesso allo spazio e le attività spaziali, con l’obiettivo dichiarato, tra gli altri, di accrescere la competitività nazionale e lo sviluppo di competenze nel settore spaziale. Approvato senza modifiche rispetto al testo licenziato dalla Camera, il DDL è stato quindi trasmesso per la promulgazione da parte del Presidente della Repubblica.
Con l’entrata in vigore della Legge n. 89/2025 (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 144 del 24 giugno 2025), l’Italia si dota ora di una legge quadro in materia di economia dello spazio, segnando un passaggio cruciale per la definizione di un contesto normativo chiaro e strutturato a supporto dello sviluppo del settore.
Indice degli argomenti
Una legge che si applica anche in assenza di spazioporti o lanci effettuati dall’Italia
Sebbene in Italia non sia ancora operativo uno spazioporto e non vengano effettuati lanci dal territorio nazionale, la legge si applica comunque a tutti gli operatori italiani – ivi incluse le aziende che svolgono attività spaziali anche al di fuori dei confini nazionali – nonché alle imprese estere che operano in Italia e che svolgono – oltre al lancio, rilascio e rientro di oggetti – anche la loro gestione in orbita, lo smaltimento, la rimozione, il rientro, l’offerta di servizi operativi nello spazio, l’assemblaggio e l’utilizzo di stazioni orbitanti, nonché “ogni altra attività realizzata nello spazio extra-atmosferico e sui corpi celesti”.
È prevista, inoltre, una specifica disposizione che demanda al Presidente del Consiglio, di concerto con i Ministeri competenti, l’adozione di un apposito decreto per definire caratteristiche e requisiti tecnici necessari alla costruzione di uno spazioporto sul territorio italiano.
Di seguito, un’analisi dei principali obblighi previsti dalla legge e delle ricadute concrete per le imprese del settore.
Il primo passo per operare legalmente: l’autorizzazione.
La nuova normativa introduce agli artt. 2 e 4 un principio cardine: nessuna attività spaziale può essere svolta senza un’apposita autorizzazione rilasciata dall’Autorità responsabile, ovvero la Presidenza del Consiglio dei Ministri o un suo delegato politico.
La domanda di autorizzazione deve essere presentata tramite l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), che cura l’istruttoria tecnica e trasmette l’esito all’Autorità responsabile, al Ministero della difesa e al Comitato interministeriale per le politiche spaziali (COMINT) per una eventuale istruttoria finale, con l’eventuale coinvolgimento di altre Autorità competenti (art. 7). La decisione finale è poi adottata dall’Autorità responsabile (ovvero, il Presidente del Consiglio dei ministri o l’Autorità politica delegata alle politiche spaziali e aerospaziali). Sarà un regolamento attuativo, previsto dall’art. 27 del DDL, a definire nel dettaglio le modalità operative, la modulistica, i contenuti della domanda e la documentazione da allegare. Il procedimento di autorizzazione, una volta avviato, dovrà concludersi entro un massimo di 120 giorni.
Allo stesso tempo, in un’ottica di cooperazione internazionale, la normativa prevede altresì una procedura semplificata per il riconoscimento delle autorizzazioni rilasciate da altri Stati (art. 4, comma 5). Tuttavia, anche in questo caso è necessario un passaggio formale con l’amministrazione italiana, attraverso la presentazione di una specifica istanza di riconoscimento all’Autorità responsabile.
Una nuova autorizzazione è obbligatoria anche in caso di trasferimento – totale o parziale – di una o più attività spaziali già autorizzate, oppure in caso di passaggio di proprietà, gestione o controllo di un oggetto spaziale impiegato in attività soggette ad autorizzazione. Questa procedura si applica anche quando l’attività è stata originariamente autorizzata all’estero. In tutti questi casi, la legge prevede comunque tempistiche dimezzate rispetto al procedimento di autorizzazione standard.
Infine, il rilascio dell’autorizzazione è soggetto al versamento di un contributo economico, nonché al rimborso dei costi di istruttoria (art. 4, comma 3). Tali importi saranno stabiliti con apposito decreto e dovranno tener conto della dimensione economica dell’operatore, della natura scientifica della missione, nel rispetto dei principi di ragionevolezza e proporzionalità.
Requisiti tecnici e soggettivi per ottenere l’autorizzazione
Per ottenere il via libera, l’operatore spaziale deve dimostrare requisiti oggettivi di idoneità tecnica (art. 5) (anche questi progressivamente meglio definiti tramite appositi decreti attuativi) e requisiti soggettivi (art. 6). Si tratta di un vero e proprio salto di maturità sotto il profilo regolatorio per molte realtà industriali, in particolare PMI e startup attive nel settore.
Sul piano tecnico, la legge impone che le attività spaziali siano progettate garantendo la sicurezza operativa in tutte le fasi, incluso il rientro. È inoltre richiesta la capacità di dimostrare la resilienza delle infrastrutture satellitari agli attacchi informatici, attraverso misure adeguate a prevenire intrusioni e accessi non autorizzati. Infine, viene posta particolare attenzione alla sostenibilità ambientale: ogni attività dovrà essere valutata in base all’impronta ambientale generata lungo l’intero ciclo di vita dell’oggetto spaziale, dalla progettazione alla produzione, fino all’operatività e alla fase di fine vita.
Questi requisiti si applicano anche a chi è già autorizzato all’estero: in fase di riconoscimento (art. 4, comma 5), l’ASI e il COMINT possono richiedere documentazione che attesti l’effettiva conformità dell’attività ai principi tecnici stabiliti dalla normativa italiana – anche in tal caso è previsto il versamento di un contributo, dimezzato rispetto a quello richiesto per l’ottenimento della Autorizzazione di cui sopra.
Sotto il profilo soggettivo, invece, l’operatore spaziale deve soddisfare una serie di requisiti chiave. Anzitutto, deve dimostrare una condotta amministrativa e legale regolare: l’art. 6, infatti, richiede l’assenza di condanne penali o interdizioni rilevanti. Sono inoltre necessarie competenze professionali e organizzative adeguate rispetto all’attività per cui si richiede l’autorizzazione, nonché una solidità economico-finanziaria proporzionata all’impegno previsto. Per le startup innovative e le PMI, la legge prevede una procedura di valutazione semplificata (art. 6.b).
Sia in caso di nuove autorizzazioni che per il riconoscimento di autorizzazioni rilasciate da altri Stati, è naturalmente previsto l’obbligo di dotarsi di una copertura assicurativa. Il massimale minimo previsto è pari a 100 milioni di euro per ciascun sinistro, riducibile a 20 milioni in casi specifici, come per le startup o i progetti con finalità di ricerca e sperimentazione.
Infine, l’operatore deve disporre di un servizio di prevenzione delle collisioni, anche tramite fornitori terzi che rispettino requisiti tecnici specifici.
Adempimenti successivi a seguito dell’autorizzazione
Una volta ottenuta l’autorizzazione, l’operatore spaziale deve in ogni caso rispettare una serie di adempimenti successivi, che riguardano in particolare la vigilanza, la trasparenza e, in generale, la responsabilità dell’operatore (Art. 11) e che variano a seconda dell’attività spaziale posta in essere. A livello generale, l’operatore è tenuto a:
● comunicare con 30 giorni di anticipo all’ASI la data di inizio di ciascuna operazione spaziale;
● trasmettere ogni sei mesi all’ASI una relazione sullo svolgimento delle attività autorizzate;
● consentire l’accesso ai documenti e ai siti operativi per eventuali ispezioni; e in generale
● L’obbligo continuativo di mantenere intatti i presupposti (tecnici, soggettivi, finanziari e assicurativi), pena la revoca dell’Autorizzazione.
Un registro per ogni oggetto spaziale
Il DDL prevede che tutti gli oggetti spaziali rispetto ai quali l’Italia è identificata come Stato di lancio – secondo quanto stabilito dalla Convenzione sull’immatricolazione degli oggetti lanciati nello spazio extra-atmosferico – siano immatricolati nel Registro nazionale di immatricolazione.
Nel caso in cui un operatore italiano acquisisca la proprietà o assuma la gestione in orbita di un oggetto spaziale non immatricolato in Italia, è previsto l’obbligo di iscrivere tale oggetto in un apposito registro complementare (art. 17).
In particolare, è fatto obbligo all’operatore di trasmettere una notifica informativa entro 30 giorni dall’acquisizione della proprietà o dall’inizio della gestione, fornendo una serie di informazioni tecniche e identificative utili all’immatricolazione.
Si tratta di un adempimento che assume un rilievo specifico per le imprese italiane che operano a livello internazionale e che, ad esempio, acquistano asset già in orbita o subentrano nella gestione di payload registrati da soggetti esteri. In particolare, la norma è pensata per assicurare
in questi casi la tracciabilità giuridica dell’oggetto spaziale sotto la responsabilità italiana, anche al di fuori del Registro nazionale previsto dall’art. 15.
Verso una governance industriale della space economy
Il nuovo impianto normativo non è solo vincolante, ma abilitante. Il Piano nazionale per l’economia dello spazio (art. 22) e il Fondo dedicato (art. 23) delineano una strategia integrata a sostegno di progetti industriali e tecnologici, partenariati pubblico-privati, start-up e PMI innovative, oltre a iniziative per la formazione e l’occupazione in ambito STEM.
Le imprese che si adegueranno tempestivamente al nuovo quadro regolatorio potranno accedere a queste risorse, posizionandosi in prima linea in un contesto internazionale sempre più normato e competitivo.