l’intervista

Paolo Marchesi (Thales Alenia Space): “A Gorgonzola nasce il cervello dei satelliti”



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Dal sito in provincia di Milano partono alcune delle innovazioni più decisive per l’esplorazione spaziale europea: dal computer di bordo ai ricevitori Galileo, fino alle memorie di massa di nuova generazione. Il racconto del site manager e director of computing, data handling & science dept della multinazionale tra missioni interplanetarie, intelligenza artificiale, quantum computing e nuove competenze

Pubblicato il 25 set 2025



Thales Alenia Space Gorgonzola

Il settore spaziale europeo sta vivendo una fase di trasformazione radicale, in cui la competizione internazionale e la rapida evoluzione delle tecnologie rendono necessario un salto continuo in avanti. Non si tratta più soltanto di mettere in orbita satelliti, ma di dotarli di cervelli capaci di integrare funzioni complesse, gestire quantità crescenti di dati e adattarsi a scenari sempre più estremi, dalla Luna a Marte. In questo contesto, l’Italia gioca un ruolo di primo piano grazie anche al contributo di Thales Alenia Space, joint venture tra Thales e Leonardo che progetta e realizza sistemi e infrastrutture spaziali.

Abbiamo incontrato Paolo Marchesi, Director of Computing, Data Handling & Science Dept e Site Manager del sito di Gorgonzola, per capire come da questo stabilimento – il più piccolo dei quattro italiani, ma altamente specializzato – prendano forma tecnologie chiave come i computer di bordo, i ricevitori Galileo e le prime sperimentazioni di intelligenza artificiale e quantum computing applicate allo spazio. Ne emerge un racconto che intreccia missioni di grande rilevanza, innovazioni abilitanti e nuove sfide legate alle competenze.

Marchesi, iniziamo dal sito di Gorgonzola: qual è il suo ruolo all’interno delle attività italiane di Thales Alenia Space e su quali progetti state lavorando?

Gorgonzola è il più piccolo dei quattro siti italiani, con circa 200 persone. Nonostante le dimensioni, ha un business ben definito, che ruota intorno a progettazione hardware, firmware e software. Da oltre 40 anni sviluppiamo computer di bordo, memorie di massa, sistemi di navigazione di bordo e di terra, mantenendo un importante background in ambito Scienza. È da questo stabilimento, ad esempio, che è stata progettata la tecnologia del segnale del ricevitore Galileo oggi in orbita. Inoltre, nel nostro sito si progettano sia il SW per tutti i prodotti ed i test equipment, indispensabili per il collaudo delle nostre unità.

Il nostro sito ricopre pertanto un ruolo chiave nello sviluppo di prodotti che sono al centro delle missioni spaziali europee. Computer di bordo e Memorie di Massa sono il cuore ed il cervello di ogni satellite: senza di essi non sarebbe possibile né controllare l’avionica né garantire il corretto immagazzinamento e trasferimento dei dati. Questo è il nostro lavoroquotidiano, fatto di know-how stratificato e capacità di innovare.

Entriamo nel dettaglio delle missioni: qual è il contributo di Gorgonzola a programmi come Iride, Galileo, COSMO-SkyMed, Lunar Gateway e Mars Sample Return?

Su Iride abbiamo un ruolo centrale. Si tratta di un programma che prevede sia piccoli satelliti, Nimbus, sia piattaforme più classiche. Noi sviluppiamo i computer di bordo con componenti, commerciali e non, con parti ad altissima affidabilità. Un approccio che deriva dal programma PLATiNO. Su NIMBUS siamo responsabili di un intero vassoio del mini-satellite Nimbus, che integra avionica e comunicazioni. È un risultato importante perché tradizionalmente queste funzioni erano separate.

Per COSMO-SkyMed, storicamente, realizziamo computer di bordo, memoria di massa e GPS. Si tratta di tecnologie di una generazione precedente, altamente affidabili, e dimostrano quanto le competenze che abbiamo nel il nostro stabilimento abbia avuto un ruolo sia stato centrale nel tempo.

In Galileo lavoriamo sul computer di bordo e sul firmware di navigazione, che è uno degli elementi più complessi e caratterizzati il prodotto.

Il progetto Lunar Gateway, invece, è una sfida enorme. Siamo coinvolti sul Multipurpose Habitat (MPH), un contratto acquisito da ASI che ci impegnerà nella prima fase di sviluppo per almeno due anni. Ci occuperemo sia dell’avionica modulare che dei sistemi di alimentazione: una grande sfida che ci vedrà essere da guida per altre funzioni aziendali di altri siti.

Per quanto riguarda Mars Sample Return, realizziamo una PIU, un’unità di controllo termico.

Ma vorrei citare anche altri progetti. Sicral 3, in ambito istituzionale destinato alla Difesa, ci ha visti completare i computer di bordo, i primi IPAC nella versione HR, di massima affidabilità. Space Rider, missione ESA, è un’altra esperienza di rilievo: qui lavoriamo al computer IPAC in versione commerciale. Infine, con IOS – In Orbit Servicing, anch’esso in versione commerciale, stiamo introducendo per la prima volta l’intelligenza artificiale a bordo di un computer. È una svolta, perché apre la strada a un’intera nuova generazione di prodotti. E inoltre ci stiamo misurando con un obiettivo ancora più ambizioso: il primo computer quantistico europeo per le missioni spaziali.

Nel vostro stabilimento si realizza “il cervello dei satelliti”. Quali sono le tecnologie chiave che state sviluppando?

Il cuore rimane il computer di bordo, progettato con processori allo stato dell’arte. La nostra forza è anticipare le esigenze del mercato e industrializzare rapidamente le innovazioni. La scelta dei processori è cruciale: devono garantire la potenza di calcolo necessaria, ma al tempo stesso rispettare standard rigidissimi come quelli dell’ESA.

Un esempio del nostro approccio è il passaggio dalle RAM alle memorie flash: un cambiamento che ha ridotto peso e ingombro, aumentando allo stesso tempo la capacità di storage. Oggi sviluppiamo memorie di massa che possono gestire più payload contemporaneamente, con un livello di affidabilità e di qualificazione industriale molto elevato.

A ciò si aggiunge la parte di navigazione. È qui che abbiamo realizzato il primo ricevitore Galileo e persino un computer capace di acquisire segnali GNSS in orbita geostazionaria. È stato il primo navigatore europeo con questa funzionalità: un traguardo storico.

Quali evoluzioni prevedete per le tecnologie sviluppate a Gorgonzola, sia in orbita terrestre sia in scenari lunari e planetari?

Il nostro computer IPAC rappresenta già un salto generazionale, perché integra in un’unica unità funzioni che prima erano distribuite su più dispositivi. La modularità sarà sempre più spinta.

Oggi guardiamo alle costellazioni, che richiedono una componentistica commerciale opportunamente schermata per resistere alle radiazioni. È una sfida di costi e affidabilità: dobbiamo offrire soluzioni meno costose ma senza rinunciare alla qualità.

Stiamo inoltre introducendo tecnologie come Ethernet e Space Fiber, ovvero la fibra ottica a bordo dei satelliti. Sono fondamentali per trasmettere segnali a velocità sempre maggiori, perché i dati generati crescono in maniera esponenziale.

Sul fronte della navigazione, stiamo sviluppando il ricevitore Marconi New Space, a tre bande, che aumenta notevolmente la precisione di posizionamento. È una tecnologia che oggi si può ottenere solo con post-processing a terra, ma che domani sarà disponibile direttamente in orbita.

In prospettiva lunare, il progetto MPH sarà governato dal nostro computer. E stiamo studiando processori capaci di elaborare dati trenta volte più velocemente di IPAC, per cogliere la sfide che le necessità che il mercato ci richiede. A questo si aggiunge lo sviluppo di un GPS lunare, una tecnologia che sarà indispensabile per esplorare e conoscere il territorio del nostro satellite.

Come cambiano autonomia ed efficienza dei satelliti grazie a intelligenza artificiale e MEMS?

Con i MEMS, micro electro-mechanical systems, e in particolare con gli accelerometri, possiamo ottenere un controllo più fine dell’assetto e una precisione superiore nel puntamento. Abbiamo già applicato questi strumenti a missioni come Euclid e Bepi Colombo, e, grazie alla progettazione ed all’utilizzo di tecnologie allo stato dell’arte siamo pronti a portarli su nuove piattaforme.

Per quanto riguarda l’intelligenza artificiale, i vantaggi sono davvero impattanti. Oggi molte decisioni vengono prese a terra: con l’AI potranno essere prese direttamente a bordo. Significa, ad esempio, decidere in tempo reale se una foto scattata è utilizzabile, oppure gestire in modo predittivo le operazioni di osservazione. L’AI, in sostanza, consente di ridurre drasticamente la quantità di dati trasmessi, selezionando soltanto quelli rilevanti. È un cambio di paradigma che rende i satelliti più autonomi ed efficienti, e che garantisce all’intera filiera downstream una migliore qualità dei dati.

In un settore tecnologicamente avanzato come il vostro, quali competenze servono oggi a chi vuole lavorare con voi?

Le basi restano ingegneria elettronica, aerospaziale e fisica. Ma ciò che fa davvero la differenza è la curiosità e la voglia di apprendere. Non esistono ancora corsi universitari perfettamente calibrati sulle nostre esigenze: li stiamo co-progettando con atenei come il Politecnico di Milano e l’Università di Milano Bicocca con la quale è in corso un’importante collaborazione nell’ambito del progetto MUSA, finanziato dal PNRR. Chiediamo che vengano introdotti percorsi specifici, che riflettano i bisogni dell’industria spaziale.

Una volta entrati in azienda, i neo assunti iniziano un percorso lungo, fatto di apprendimento e formazione continua. Non esistono abiti pronti su misura: dobbiamo costruirli passo dopo passo, come sarti, con ago e forbici. È un lavoro complesso, che richiede tempo, pazienza e passione. La competenza tecnica è solo l’inizio: a fare la differenza è la mentalità e la capacità di adattarsi alle sfide di un settore che non smette mai di evolvere.

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