LA SCOPERTA

Metis, svelati i misteri delle inversioni magnetiche del Sole

Lo strumento italiano sulla sonda Solar Orbiter è riuscito per la prima volta a fotografare le perturbazioni che creano alterazioni momentanee dei campi magnetici individuandone i meccanismi e l’origine sulla corona solare. Ed è solo l’inizio

13 Set 2022

Nicola Desiderio

Metis Solar Orbiter

Metis ha svelato l’origine delle perturbazioni del campo magnetico nella corona solare restituendo per la prima volta le immagini della loro propagazione. Tali fenomeni sono definiti switchback e Metis ha svelato come essi, attraverso enormi eruzioni coronali, si propagano a grande distanza nello spazio interplanetario come giganteschi colpi di frusta accompagnati da momentanee inversioni del campo magnetico.

Metis e il contributo italiano

Merito appunto di Metis, il cronografo con occultatore esterno installato sulla sonda dell’Esa, Solar Orbiter, e progettato dall’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf), dall’Università di Firenze e di Padova, dal Cnr-Ifn (Consiglio Nazionale delle Ricerca – Istituto di Fisica Nucleare), e realizzato dall’Agenzia Spaziale Italiana con aziende italiane e contributi tedeschi e cechi. Solar Orbiter è stata lanciata nel febbraio del 2020 e, tra i 10 strumenti della quale è dotata, ce n’è anche un altro italiano ed è il Data Processing Unit del Swa (Solar Wind Analyzer).

WHITEPAPER
Droni e space economy: cosa dice il mercato? E cosa dice la legge?
E-Commerce
Supply Chain Management

Mai così vicino al Sole

L’obiettivo della Solar Orbiter è studiare i fenomeni energetici e magnetici che si originano direttamente alla fonte, quando sono ancora incontaminati, grazie ai suoi sensori e alla sua orbita particolarmente ellittica che le permette di avvicinarsi al Sole a distanze inferiori a quelle di Mercurio, il pianeta più vicino alla nostra Stella. Ed infatti grazie all’avvicinamento che la sonda ha effettuato lo scorso 25 marzo che Metis ha potuto raccogliere i propri dati a sole 0,32 unità astronomiche di distanza dal Sole.

Sin dagli anni Settanta

I fenomeni di inversione erano stati osservati già dalle missioni Helios 1 e 2, lanciate rispettivamente nel 1974 e 1981, e misurati successivamente dalla Parker Solar Probe lanciata nel 2018, ma anch’essa non era riuscita a determinarne l’origine. C’è riuscito un team di ricercatori, italiani per la stragrande maggioranza, che ha pubblicato il frutto del loro lavoro sulla rivista Astrophysical Journal Letters nell’articolo “Observation of a Magnetic Switchback in the Solar Corona”.

La relazione con il vento solare

Lo studio, grazie anche ai modelli numerici, è riuscito a verificare il meccanismo di formazione degli switchback tra quelli finora ipotizzati e lo ha anche messo in relazione all’accelerazione del vento solare aprendo così lo spazio ad una comprensione ancora più profonda del Sole in occasione dei successivi passaggi ravvicinati della Solar Orbiter. Il prossimo è previsto il prossimo 13 ottobre. Gli scienziati contano di misurare con esattezza le inversioni e di approfondire altri fenomeni che riguardano l’eliosfera e la meteorologia spaziale.

Dalle immagini alle misurazioni

“La prima immagine di uno switchback nella corona solare ha svelato il mistero della sua origine. Continuando a studiare il fenomeno potremmo riuscire a far luce sui processi che accelerano il vento solare e lo riscaldano a grandi distanze dal Sole. Il passo successivo sarà, quindi, correlare le immagini degli switchback osservate da remoto con le loro misure locali” ha dichiarato Daniele Telloni, scienziato dell’Inaf e primo autore dello studio.

Solo il primo passo

“Questo risultato – ha aggiunto Marco Stangalini, ricercatore e responsabile di programma Asi della missione Solar Orbiter – è stato ottenuto grazie all’alta risoluzione raggiunta da Metis durante il passaggio ravvicinato al Sole, che ha permesso di risolvere e studiare la struttura su piccola scala della corona solare. Tutto ciò ci dimostra l’importanza di un approccio combinato nel quale misure del vento solare in-situ, osservazioni ad alta risoluzione e modelli numerici possono efficacemente essere usati in sinergia al fine di maturare la nostra comprensione di fenomeni estremamente complessi nell’atmosfera solare”.

@RIPRODUZIONE RISERVATA

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

Articolo 1 di 3