A 10 Anni dalla Nascita del Ctna (Cluster Tecnologico Nazionale Aereospaziale) che dovrebbe essere l’hub/ catalizzatore di tutti gli attori principali del sistema aerospaziale nazionale (grandi, medie e piccole aziende, centri di ricerca, mondo accademico, istituzioni governative, agenzie e piattaforme nazionali, federazioni di categoria e distretti industriali e tecnologici aerospaziali regionali), bisogna probabilmente iniziare a riflettere sul ruolo che devono avere cluster, distretti e tutte le altre forme di aggregazione intorno al mondo dell’aerospazio italiano. Il settore è indubbio che stia cambiando, soprattutto con l’emersione di un mondo privato, globale e nel caso italiano transatlantico.
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Uniformare le realtà regionali
La prima riflessione che c’è da fare è essenzialmente su cosa serve ad un territorio/regione un distretto/cluster. Il pensiero comune vede queste entità essenzialmente come dei soggetti divulgatori che si occupano di organizzare momenti di divulgazione e formazione, seguendo alcuni temi soprattutto a sfondo tecnologico. Ma il ruolo di queste entità potrebbe essere ben diverso, per stare al passo con il mondo che cambia. Probabilmente la prima cosa da dover pensare è uniformarli a livello nazionale dal punto di vista statutario e giuridico, in modo da evitare di creare delle scatole con operatività limitata e che non riescono a svolgere appieno la loro attività sul territorio e fuori.
Essendo entità che devono essere di ausilio al territorio inteso come aziende, ricerca e politica, è basilare una governance rispettosa di principi di imparzialità con valori da civil servant e tutela di interessi diffusi, non solo di interessi relativi. Insomma, non bisogna cadere nella “comitatologia” della legge di Old e Kahn, per cui l’efficienza di un comitato è inversamente proporzionale al numero dei partecipanti e al tempo impiegato per raggiungere le decisioni.
Il primo pilastro: l’unione fa la forza
A parte questo, i pilastri di missione di questi strumenti di aggregazione per proiettarli in ambito europeo e nazionale dovrebbero essere essenzialmente tre. Il primo pilastro è quello l’unione fa la forza. L’aggregazione dovrebbe corrispondere possibilmente a una mutua assistenza tra i partecipanti, quindi alla possibilità di accedere ad esempio a tender grandi con un unico interlocutore che fornisce diversi prodotti all’interno di un capitolato. Ad esempio, SpaceX ha un modello di gestione della supply chain piuttosto innovativo, a cui con una buona assistenza di advisory anche i cluster/distretti aerospaziali regionali potrebbero partecipare con le loro aziende. I razzi e i veicoli spaziali, come qualsiasi altro sistema altamente ingegnerizzato, sono costituiti da migliaia di parti, componenti, apparecchiature e sottosistemi. Molti possono essere chiari anche per chi non è del settore (ad esempio cavi, connettori, sistemi di gestione dell’aria, ecc.), mentre altri sono molto specifici per il settore (ad esempio motori a razzo, propulsori, sistemi di controllo). SpaceX, anche se ha una produzione molto internalizzata, conta più di 3.000 fornitori. La gestione di un cluster/distretto deve essere orientata a un dialogo continuo con le aziende del territorio, mappandone i bisogni, la capacità produttiva e finanziaria, abbinandole alle opportunità connesse a bandi italiani, europei e traiettorie che possano portare all’acquisizione di nuove commesse/clienti.
Il secondo pilastro: cluster al servizio dei territori
La seconda leva o pilastro è che il cluster/distretto deve essere un servizio per le politiche regionali e territoriali. Va fatta emergere al mondo politico locale la natura strategica delle pmi dell’aerospazio, date le loro caratteristiche peculiari. In molti casi, si tratta di manifattura avanzata con grande tradizione a carattere spesso multisettoriale. Per multisettoriale si intende che spesso l’azienda del settore spaziale è nello stesso tempo in altre industrie high-end, come nautica, automotive ed energia. I cluster/distretti, quindi, devono essere attori e protagonisti nella creazione con il mondo politico e delle associazioni di politica industriale, attraverso linee di indirizzo. Il problema della politica industriale è un male che colpisce l’Italia in generale da più di 30 anni. Nel caso del mondo aerospaziale, è necessario pensare a interazioni tra mondo dell’impresa e monto politico nel segno di innalzare la competitività del territorio in un mondo globale. In sostanza, cluster e distretti devono avere un ruolo primario di policy maker verso i governi regionali.
Il terzo pilastro: cambiare pelle per attrarre investimenti
La terza “gamba” o missione di queste aggregazioni che hanno necessità di cambiare pelle rispetto al presente avendo un ruolo sempre più importante nell’ecosistema delle space factory territoriali è sicuramente quella dell’attrazione di investimento. Quest’ultima si declina in due modi. Uno è squisitamente pubblico: la possibilità di rendere un territorio attraente, ad esempio, per la creazione di nuovi insediamenti industriali come è successo al Veneto con Intel, garantendo un innalzamento occupazionale e una florida ricchezza per l’indotto. Il secondo modo di attrarre investimenti, dopo un’attenta mappatura dei bisogni finanziari delle pmi, è di essere uno degli attori e promotori, ad esempio, di strumenti di finanziamento alternativo al mondo bancario come basket bond territoriali e approcci al mercato dei capitali, vista la grande propensione di Euronext al settore tecnologico con un segmento specifico oppure all’ingresso nel capitale di fondi di investimento di capitale di rischio. Queste cose si possono sviluppare mediante divulgazione e formazione, ma anche con attività di supporto fatta di servizi di advisory finanziaria e legale specializzata.
Superare la logica “da campanile”
Concludendo, bisogna chiarirsi sul fatto che i cluster/distretti aereospaziali possono essere degli strumenti o veicoli di innovazione, crescita e leadership e devono avere una centralità nella definizione di traiettorie di sviluppo territoriale in seno a un mondo sempre più globale. Hanno bisogno di essere strutturati, efficienti e connessi con traiettorie goal-directed. E la funzione per il futuro non è solamente di aggregazione tecnologica ma anche di booster economico, finanziario e di marketing territoriale superando logiche “da campanile”. In tal senso, sarà importante che anche il Ctna si evolva in previsione del prossimo cambiamento di governance in questa direzione, integrando nuove competenze e lavorando su una strategia nazionale competitiva e lungimirante diventando attore, vista la natura trasversale del settore che comprende anche la difesa, della creazione di strumenti per affrontare “la guerra economica”.