La space economy in Italia non è più una nicchia. Ma è un settore industriale maturo che contribuisce alla crescita tecnologica del Paese. Lo certifica la prima misurazione ufficiale dell’economia italiana dello Spazio, realizzata da Istat insieme all’Agenzia spaziale italiana (Asi). Il risultato è una fotografia che chiarisce, numeri alla mano, quanto la filiera spaziale sia già oggi parte strutturale del sistema produttivo nazionale.
Nel 2021, ultimo anno disponibile, la produzione complessiva del comparto ha toccato 8 miliardi di euro, generando 2 miliardi di valore aggiunto e impiegando oltre 23 mila addetti. È uno 0,1% del Pil nazionale, ma con performance che superano nettamente la media dell’industria. Un settore piccolo nei volumi, grande nella qualità.
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Doppio binario
La ricerca distingue tra attività “upstream”, cioè la progettazione e realizzazione di tecnologie spaziali, e le funzioni “non market”, svolte da istituzioni pubbliche e organismi di ricerca.
L’upstream concentra la quota principale: 4,1 miliardi di produzione, 1,3 miliardi di valore aggiunto e poco più di 14 mila occupati, spesso con profili ad alta specializzazione. Una caratteristica chiave è la dimensione: quasi l’80% del valore aggiunto arriva da grandi imprese, spesso integrate in gruppi multinazionali.
Export da primato
La competitività internazionale emerge con chiarezza dal lato commerciale: 2,1 miliardi di export contro 1,6 miliardi di import, un saldo positivo che conferma la presenza dell’Italia nelle catene globali del settore. Le imprese del comparto esportano più della media e soprattutto su un numero maggiore di mercati, con una gamma più ampia di prodotti. Non sorprende, dunque, che il grado di apertura internazionale risulti superiore di oltre il 70% rispetto al resto del sistema produttivo.
Produttività record
A distinguere la space economy è anche la produttività del lavoro: il valore aggiunto per addetto sfiora gli 85 mila euro, circa il 65% in più del dato medio nazionale. A ciò si aggiungono retribuzioni mediamente più alte e un livello di istruzione dei dipendenti superiore, segno di un settore fondato su competenze tecniche e scientifiche elevate.
Sul fronte degli investimenti, il comparto mostra una dinamica robusta: 800 milioni di euro in beni materiali e 600 milioni in ricerca e sviluppo svolta internamente alle imprese. Anche la componente istituzionale offre un contributo significativo, con oltre 350 milioni di valore aggiunto e più di 2 mila addetti, riflettendo il ruolo degli enti pubblici e delle agenzie nel sostenere programmi e infrastrutture strategiche.
Pilastro per scelte strategiche
Per il presidente dell’Asi, Teodoro Valente, la pubblicazione di questa ricerca rappresenta un punto di svolta culturale e politico. “Occorre saper cogliere e far comprendere le interdipendenze che lo spazio ha e produce a favore di numerosi altri settori industriali e produttivi”, ha spiegato. E ancora: “Non è un esercizio statistico, ma un pilastro necessario per supportare le scelte strategiche del Paese”.
Questo studio sarà aggiornato ogni tre anni e permetterà, per la prima volta, di seguire in modo sistematico l’evoluzione di un comparto decisivo per l’innovazione, dalla gestione dei dati satellitari alle tecnologie per l’osservazione della Terra, dalle telecomunicazioni alla sicurezza. Una bussola preziosa, in un mercato globale che cresce a ritmi sostenuti e nel quale l’Italia ambisce a confermare – e rafforzare – il proprio ruolo di primo piano.






