L’INTERVISTA

Mercati (Esa): “Serve creare una capacità autonoma per l’Europa nello spazio”



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L’Head of Security Office dell’Agenzia Spaziale Europea: “Puntiamo a unificare tutti i sistemi spaziali europei in un’unica architettura integrata: l’European Resilience System (Ers). Un progetto strategico reso possibile da un framework condiviso e riconosciuto a livello europeo, grazie agli accordi di sicurezza con Stati membri e Ue”

Pubblicato il 26 mag 2025



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Nel corso di Cysat, il più grande evento internazionale dedicato alla sicurezza informatica per l’industria spaziale che si è svolto a Parigi, abbiamo intervistato Massimo Mercati, Head of Security Office dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA). Le sue riflessioni ci aiutano a capire le sfide europee nel settore spaziale in un contesto geopolitico di grande tensione e frammentazione.

Mercti, in questo contesto geopolitico di tensione con la Russia ma anche con ciò che accade in Medio Oriente, quali sono le nuove sfide dell’Esa riguardo la protezione delle strutture satellitari nello spazio?

Una bellissima domanda a cui abbiamo dato una risposta concreta che si sviluppa da un punto di vista tecnologico, da un punto di vista di framework ma anche di unità di intenti. Fino ad oggi l’Europa ha sviluppato e sta sviluppando sistemi singoli: Galileo per navigazione, Copernicus per Earth Observation, IRIS² per la communicazione. Per vincere la sfida di domani dobbiamo utilizzare al meglio e sinergicamente tutte queste applicazioni che possono venire dallo spazio. L’ ESA ha la visione di lanciare un system of system capace di orchestrare tutte queste componenti in un’unica soluzione. E questo system of system è chiamato ERS, (European Resilience System). Questo da un punto di vista sistemico tecnologico. Da un punto di vista di framework, siamo fortunati perché il il framework dell’ESA è riconosciuto dagli Stati membri di tutta Europa tramite Security Agreement ed è riconosciuto anche dall’UE tramite l’ESA EU Security Agreement. In questo modo è dunque possibile lavorare in sinergia, tutti quanti. Ed è proprio “tutti quanti” la parola chiave sistemica, la chiave di svolta per il futuro. Perché è una sfida questa, la sfida della sicurezza per lo spazio e dallo spazio, la cybersecurity, che si può vincere solamente lavorando e mettendo sul tavolo l’expertise di tutti quanti, dell’UE, degli Stati membri e dell’ESA.

In questo momento l’Italia sta cercando di trovare una posizione di rilievo, dal punto di vista dello spazio e della creazione di strutture satellitari alternative a quelle che sono quelle americane. Come si può integrare questa volontà italiana a quello che è anche la struttura europea che si sta creando?

La risposta sta nella visione dei sistemi di sistema. Una delle componenti di ERS sarà proprio di sfruttare le capacità esistenti nazionali. Faccio un esempio: l’Italia ha sviluppato con l’ESA Iride. Iride può essere un buon candidato. Nel senso che il primo sviluppo è stato formato nella prima evoluzione di ERS, quindi in una congregazione di sistemi commerciali esistenti che fanno sinergia per dare un unico prodotto. Quindi ben vengano iniziative a livello nazionale, ed è giusto che l’Italia confermi la sua leadership nello spazio e anche nella sicurezza, insieme alla Francia, insieme alla Germania. E ma che metta anche a disposizione dell’Europa queste infrastrutture per poter facilitare la visione di un’Europa sempre più resiliente e sempre più unita a questo fattore.

Il progetto di IRIS² può essere la risposta europea a quello che, per esempio, Starlink è per gli Stati Uniti?

IRIS² è un progetto ambizioso, non è un sogno, ormai è un fatto che si svilupperà, si sta sviluppando. L’ESA gioca un ruolo molto importante e contribuisce non solo a IRIS², ma anche con Galileo e probabilmente nel futuro con Copernicus Gov, a quella definizione di autonomia per l’Europa, fondamentale. Quindi assolutamente sì, dobbiamo utilizzare tutti i sistemi spaziali nel mondo, ma dobbiamo creare assolutamente una capacità autonoma per l’Europa.

Riguardo alla cybersicurezza, a che punto siamo in Europa? C’è ancora un gap da colmare rispetto agli Stati Uniti?

Uno dei gap, se vogliamo chiamarli tali che vedo, è che ancora non lavoriamo in maniera unita a livello europeo. L’ESA con i suoi Stati membri lo fa e in pochissimo tempo siamo riusciti a creare un’infrastruttura che è unica nel mondo. L’altro anno avevo parlato dell’ambizione di avere questo cyber center che potesse accompagnare i progetti di sicurezza dell’ESA dall’inizio, da un punto di vista ingegneristico, ma anche dopo, da un punto di vista operazionale. In novembre è stato dichiarato operativo ed ha la capacità di monitorare le minacce sia dallo spazio che da terra. Quindi, come vede, se c’è unità di intenti e expertise che va in unica direzione, si fanno grandi cose in breve tempo. Tutti dovrebbero remare in questa direzione.

L’Italia, nel giugno scorso, ha approvato una legge spaziale che è abbastanza all’avanguardia rispetto a quello che accade in Europa. Questa legge può essere anche uno spunto per altri Paesi e per evolvere verso una legge spaziale europea?

La legge spaziale europea è dotata di strategie, di EU law e di regulation, quindi l’abbiamo una legge spaziale europea. L’Italia ha fatto bene perché ha confermato di essere leader in questo settore e ha confermato anche di approcciarsi a questo settore in maniera strutturata. Se può influenzare altri Paesi essere diciamo ponte tra le regolazioni a livello europeo e quelli nazionali penso di sì, perché la struttura della Space Law è fatta molto bene e dà chiare indicazione sui ruoli, responsabilità e visioni future. Io penso che l’Italia debba sempre di più uscire allo scoperto in un’Europa che ha bisogno dell’Italia anche come mediatore. E inoltre, aggiungo, è un’Europa che ha bisogno del comparto industriale dell’Italia, che è unico ed eccezionale del suo genere.

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