GLI ANNIVERSARI

Da Yuri Gagarin a Elon Musk, i visionari protagonisti del futuro dello Spazio

Il 12 aprile del 1961 l’Urss mandò in orbita il giovane pilota passando alla storia. E gli Usa, otto anni dopo, misero piede sulla Luna ribaltando il primato ormai in mano ai russi. Oggi i riflettori sono puntati su SpaceX. L’analisi del Gruppo Spazio Azione

12 Apr 2021

Enrico Stroppa

Gruppo Spazio Azione

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Oggi, 12 aprile, ricorrono due anniversari fondamentali per la storia dell’astronautica e dell’esplorazione umana: i sessant’anni dal primo lancio umano nello spazio, compiuto da Yuri Gagarin, e i quarant’anni dal volo inaugurale dallo Space Shuttle americano. Ogni qual volta vi è una ricorrenza, non si tratta semplicemente di ricordare il passato, ma soprattutto di tornare a sognare il futuro, esattamente come fecero i pionieri di queste due imprese, non soltanto spaziali, ma della storia dell’uomo più in generale. Cosa ci lasciano, dunque, questi due anniversari? Quale visione per il futuro dello spazio ci fanno immaginare? Torniamo indietro nel tempo per capirlo.

Siamo nel mezzo delle steppe asiatiche dell’Urss, a Baikonur, cittadina dove venne costruito il cosmodromo tenuto nascosto dai sovietici per anni, fino a questo momento. È la mattina del 12 aprile 1961 ed in cima ad un razzo Semyorka, all’interno di una capsula Vostok, che era più simile a una lattina di pelati che non a un mezzo per viaggiare nello spazio, si trovava un giovane pilota di caccia di 27 anni. Alle ore 11.07 si staccò da terra, superò l’atmosfera e compì un giro dell’orbita terrestre. A quel punto, attraversò di nuovo la barriera blu del nostro mondo e toccò il suolo, dopo un non facile lancio con il paracadute. La storia dell’umanità era cambiata per sempre. Il sogno coltivato per millenni di raggiungere le stelle diventava improvvisamente un po’ più vicino alla realtà. Nel giro di poco meno di due ore, quei puntini luminosi osservati fin dalla preistoria risultavano tutto ad un tratto quasi raggiungibili.

Certo, la storia del primo lancio umano nello spazio non è solo la storia di sognatori e di ingegneri che lo resero possibile, ma il frutto (uno dei frutti, forse il migliore) della competizione militare, scientifica e ideologica tra Stati Uniti e Unione Sovietica. Una competizione senza frontiere, che raggiunse subito lo spazio e che divenne un gioco al rilancio, vinto dagli Usa otto anni dopo, quando misero piede sulla Luna. Ma poi gli americani alzarono nuovamente la posta e qui arriviamo al nostro secondo anniversario.

Questa volta siamo in Florida, sulle coste dell’Oceano Atlantico, e in cima ad una rampa di lancio di Cape Canaveral c’è uno strano veicolo, simile ad un aereo, messo in verticale e affiancato da due razzi laterali e un serbatoio bianco: era stato dipinto così per il primo lancio, ma poi si capì che aggiungeva peso inutile e venne lasciato il colore di fabbrica, quell’arancione che poi divenne iconico. Si tratta del primo Space Transportation System (Sts, la sigla di ogni sua missione), meglio conosciuto come Space Shuttle. Era l’idea visionaria di un sistema per volare nello spazio e ritornare sulla terra come un comune aeroplano, potendo così riutilizzare il veicolo per successive missioni. Oltre ad immaginare già il futuro, la Nasa era così convinta di tagliare i costi di accesso allo spazio, potendo contare su un vettore riutilizzabile. In realtà non fu così. I costi furono esorbitanti e le due tragedie che colpirono lo Shuttle, dovute soprattutto al fatto di non aver mai considerato davvero questo veicolo come un prototipo, ma come pienamente operativo fin dall’inizio, portarono alla fine di questo programma nel 2011, interrompendo del tutto la possibilità degli Usa di avere un accesso autonomo allo spazio, fino al volo della Crew Dragon di SpaceX dello scorso anno.

Ed è proprio la nuova navicella di Elon Musk che collega le due esperienze che festeggiano il loro anniversario. Infatti, il lascito principale di quel primo volo compiuto nel 1961 fu probabilmente la modalità stessa con cui viaggiare nello spazio: in uno spazio strettissimo, all’interno di una capsula che usa praticamente sempre la stessa tecnologia, con uno spirito ancora da pionieri. Proprio venerdì scorso, 9 aprile, si è compiuto l’ennesimo volo umano della Soyuz: una navicella che è lo sviluppo di quella utilizzata da Gagarin, ma che è sostanzialmente identica a se stessa da cinquant’anni a questa parte. Non solo: per quasi un decennio, fino al primo volo di SpaceX dello scorso anno, è stato l’unico mezzo per portare uomini nello spazio, dettaglio non da poco dato che la Stazione Spaziale è sempre stata abitata.

Oggi, tutto a un altro, sembra sia cambiato tutto: quando si è visto per la prima volta il pannello di controllo di Crew Dragon, costituto unicamente da una serie di touch screen, è sembrato di essere catapultati improvvisamente in un film di fantascienza. Ma si è saltato un passaggio, perché l’esperienza dello Shuttle sembra essere stata accantonata. Probabilmente, come affermato da diversi osservatori, lo Shuttle era troppo avanti per i suoi tempi, futuristico anche per i giorni nostri, quando si preferisce puntare ancora sulle capsule, anche se riutilizzabili. Tuttavia, è importante che quanto imparato con lo Shuttle non vada perduto e quando si deciderà di sviluppare nuovamente architetture astronautiche come la sua, vorrà dire che il nostro modo di spostarci, intorno al nostro pianeta e fuori da esso, sarà cambiato per sempre e il futuro sarà davvero arrivato.

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