Proprio come quando si va dall’oculista per avere un paio di occhiali migliori, così gli astrofisici stanno dotandosi di lenti migliori (sia artificiali che naturali) per osservare più da vicino la materia oscura.
Infatti, un team internazionale di ricercatori afferma che il lancio del telescopio spaziale Nancy Grace Roman della Nasa, previsto per l’anno prossimo, trasformerà la loro capacità di individuare le cosiddette lenti gravitazionali, coppie di galassie che possono fungere da lenti di ingrandimento cosmiche per scrutare più a fondo l’Universo.
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Universo primordiale
La materia oscura, che si ritiene costituisca la maggior parte di tutta la materia, non riflette, assorbe o emette luce. Ma ha massa, il che significa che genera gravità e può causare lenti gravitazionali.
Si ritiene che le particelle di materia oscura abbiano avuto origine nell’universo primordiale, ma non sono ancora state rilevate; pertanto, la loro vera natura resta sfuggente. Uno dei segni astronomici più evidenti che rivelerebbero la presenza di materia oscura è la quantità di “aggregati”, o sottostrutture, riscontrabili su piccola scala.
Lenti gravitazionali
L’università di Yale rende noto che in un nuovo studio pubblicato su The Astrophysical Journal, il team di ricerca internazionale ha stimato che “Roman” potrebbe essere in grado di trovare più di 160.000 lenti gravitazionali, di cui circa 500 adatte allo studio della struttura della materia oscura.
Osservazioni ad alta risoluzione
“Questi risultati sottolineano il notevole potenziale di Roman nel far progredire gli studi sulle lenti gravitazionali e nel migliorare la nostra comprensione della sottostruttura della materia oscura attraverso osservazioni ad alta risoluzione”, afferma Priyamvada Natarajan, professore e titolare della cattedra di astronomia e fisica a Yale.
Natarajan, principale teorico e coautore del nuovo studio, è anche direttore del Franke Program in Science and the Humanities di Yale. Spiega che quando la gravità di una galassia in primo piano piega il percorso della luce di una galassia sullo sfondo, la sua luce viene instradata su più percorsi.
Fotocamera speciale
La fotocamera di Roman, nota come Wide Field Instrument, consentirà ai ricercatori di determinare con precisione la flessione della luce delle galassie di sfondo fino a 50 milliarcosecondi, il che equivale a misurare il diametro di un capello umano da una distanza pari a più di due campi da football e mezzo.
Natarajan fa notare che l’entità dell’effetto lente gravitazionale a cui è sottoposta la luce di fondo dipende dalla massa interposta. E aggiunge che gli aggregati di materia oscura meno massicci causano distorsioni minori.
Di conseguenza, se i ricercatori riuscissero a misurare quantità più piccole di curvatura, potrebbero rilevare e caratterizzare strutture di materia oscura più piccole e meno massicce, ovvero i tipi di strutture che si sono gradualmente fuse nel tempo per formare le galassie che vediamo oggi.
Scale subgalattiche
“Le forti lenti galattiche che potremo studiare grazie a Roman dovrebbero fornirci un modo per testare il modello cosmologico Lambda Cold Dark Matter (il nostro attuale modello standard per comprendere l’evoluzione dell’universo) su scale subgalattiche”, spiega Natarajan. “Sarebbe un enorme passo avanti per il settore.”
Missione Euclid
Prima del lancio di Roman, il team cercherà anche altri candidati nelle osservazioni della missione Euclid dell’Esa (Agenzia spaziale europea) e del futuro Osservatorio terrestre Vera C. Rubin in Cile, che inizierà le sue operazioni a pieno regime tra poche settimane.
Una volta che le immagini di Roman saranno in mano, i ricercatori le combineranno con le immagini complementari in luce visibile di Euclid, Rubin e Hubble per sfruttare al massimo ciò che si sa su queste galassie.