INNOVAZIONE TECNOLOGICA

Un telefono per guidare test in orbita: l’Italia testa i mini-laboratori spaziali



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Due mini-laboratori progettati da Asi e Ali voleranno sul microsatellite Ireos-0. Da Terra potranno essere controllati con un comune smartphone. Studieranno la crescita del grano su suoli spaziali e il comportamento dei probiotici in microgravità. Una tecnologia italiana pensata per future missioni e per esperimenti sul rientro orbitale

Pubblicato il 21 nov 2025



Aerospazio, pianeti, orbita, terra, satellite, satelliti

Un comune smartphone per controllare da Terra ciò che accade a centinaia di chilometri di distanza, in orbita. È la promessa dei MiniLab 3.0, i due laboratori miniaturizzati frutto dell’accordo firmato dall’Agenzia Spaziale Italiana (Asi) e Ali, società del Gruppo Space Factory, che saranno imbarcati sul microsatellite Ireos-0 nella prima missione del programma Irenesat-Orbital.

Gestione da remoto

Il progetto nasce con un obiettivo preciso: verificare se la microgravità possa accelerare o modificare processi biologici utili alle future missioni lunari e marziane, ma anche alla ricerca medica sulla Terra. I due esperimenti, battezzati Gaia e Astrogut, saranno gestiti interamente da remoto. Basterà un telefono o un tablet per attivare i parametri, monitorare i dati, intervenire sulle sequenze di crescita.

Grano e probiotici

Gaia, ideato dalla Sapienza di Roma, mette alla prova la resistenza del grano. I ricercatori vogliono capire se la pianta riesce a svilupparsi utilizzando sia suolo terrestre sia campioni analoghi a quello lunare. Una verifica che potrebbe orientare le strategie di coltivazione per gli avamposti umani nella space economy in arrivo.

Astrogut, dell’Università Federico II di Napoli, punta invece a osservare il comportamento dei probiotici intestinali in assenza di peso, per sondare come cambia la fisiologia umana quando l’organismo è esposto allo stress dello Spazio.

Esperimento chiave

Una volta completati i test, il microsatellite – che porta il nome “Amalia” in omaggio ad Amalia Ercoli Finzi, pioniera dell’ingegneria aerospaziale italiana – servirà per la certificazione in orbita dei suoi sottosistemi. Il primo a essere messo alla prova sarà Irene, lo scudo termico flessibile sviluppato da Space Factory per consentire ai satelliti di rientrare integri e di essere riutilizzati nelle missioni successive.

Passo concreto

Per l’Asi, la missione rappresenta un passo concreto nel rafforzamento delle tecnologie italiane dedicate al rientro orbitale e alla sperimentazione scientifica in microgravità. “È un settore strategico – ha spiegato Mario Cosmo, direttore scienza e innovazione dell’Asi – che conferma il ruolo del nostro Paese nella progettazione di sistemi per l’orbita bassa”.

Leadership italiana

Anche l’industria giudica il progetto un investimento sul futuro. Massimo Comparini, numero uno della Space division di Leonardo e presidente di Thales Alenia Space Italia, ha detto che “l’accesso a laboratori automatizzati a costi contenuti è un elemento chiave per l’economia dell’orbita bassa e per le ricadute sulla ricerca farmacologica”. Un tassello, dunque, della leadership italiana nelle attività spaziali che puntano già oltre la Terra.

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