La fredda legge dei numeri che governa l’orbita terrestre ha scelto di misurare la distanza della sicurezza in duecento metri. Uno spazio ridicolo, un nonnulla cosmico, che separa il funzionamento ordinario da un potenziale disastro a catena. È la distanza a cui, recentemente, sono passati un satellite della costellazione Starlink di Elon Musk e un nuovo satellite cinese, lanciato in orbita lo scorso 10 dicembre con un razzo Kinetica 1 dall’azienda Cas Space.
A lanciare l’allarme, con un post su X, è stato il vicepresidente di Starlink, Michael Nicolls, che ha sottolineato come l’episodio rappresenti il sintomo di un’emergenza ben più vasta: la pericolosa assenza di un sistema di coordinamento internazionale tra operatori satellitari.
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Mancanza di coordinamento
Il satellite cinese faceva parte di un gruppo di nove veicoli immessi nello Spazio in una sola missione. Un carico variegato: sei satelliti multifunzione per la Cina, uno per l’osservazione della Terra per gli Emirati Arabi Uniti, uno scientifico per l’Egitto e uno didattico per il Nepal.
Nicolls non ha specificato quale dei nove abbia rischiato la collisione, ma il messaggio è chiaro e riguarda una dinamica generale. “Gran parte del rischio operativo nello Spazio – ha scritto – deriva dalla mancanza di coordinamento tra gli operatori satellitari”. Una mancanza che, in un’orbita sempre più affollata, equivale a guidare a fari spenti su un’autostrada nel pieno del traffico.
Orbite sovraffollate
I numeri descrivono una corsa allo Spazio senza precedenti. Nel 2020 i satelliti in orbita bassa erano 3.400. Oggi, solo cinque anni dopo, sono circa 13.000. Una proliferazione trainata in larga parte proprio dalla mega costellazione Starlink, che costituisce la maggioranza di questo sciame artificiale.
La stessa SpaceX ha rivelato che nei primi sei mesi del 2025 i suoi satelliti hanno eseguito 145.000 manovre automatiche di elusione, una media di quattro al mese per ciascun veicolo. Un balletto continuo e necessario per schivare altri oggetti.
Sindrome di Kessler
Tuttavia, non tutti i satelliti sono dotati di questa capacità di manovra autonoma. E anche gli Starlink, se lasciati al buio senza informazioni condivise sulle traiettorie altrui, possono essere colti di sorpresa. È lo scenario che tutti gli esperti temono: un singolo impatto, anche tra due piccoli oggetti, può generare un’enorme nube di detriti metallici che, viaggiando a velocità fino a 28.000 chilometri orari, diventando proiettili in grado di colpire altri satelliti.
Innescherebbero così la cosiddetta “sindrome di Kessler”, una reazione a catena incontrollabile che potrebbe rendere intere fasce orbitali impraticabili per decenni, paralizzando servizi essenziali come telecomunicazioni, navigazione Gps e monitoraggio meteorologico.






