Boeing, Steve Parker nuovo coo: focus sulla divisione Defense Space & Security

La grande azienda aerospaziale, attanagliata dai debiti e da ritardi che ne stanno erodendo redditività e reputazione, affianca con un ruolo operativo il ceo del settore che produce almeno la metà del fatturato

26 Ott 2022

Nicola Desiderio

Steve Parker

Steve Parker sarà il nuovo chief operating officer della divisione Defense Space & Security di Boeing riportando a Ted Colbert, ceo arrivato all’inizio dell’anno dopo una carriera interna nei servizi informativi e poi al timone della Boeing Global Services, il settore che si occupa di parti e servizi di ingegneria per le compagnie aeree e l’esercito americano.

Nomina in gran segreto

La notizia, non ancora ufficiale, è stata data dall’agenzia Reuters che cita come fonte un portavoce dell’azienda confermando che la nomina è già avvenuta la settimana scorsa. Parker è un senior con fama di risolutore di problemi che proviene dai programmi che riguardano i bombardieri e i caccia militari lavorando anche agli impianti di Saint Louis. Un uomo dunque squisitamente operativo, che passa il tempo nelle linee di produzione, conosce i processi e sul quale Boeing conta per rimettere le cose a posto all’interno della divisione che produce almeno la metà del fatturato di Boeing.

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Un debito arrivato a 45 miliardi

Ma che è anche quello che soffre da troppo tempo per ritardi e imprevisti che ne stanno divorando la competitività e la redditività a causa di penali e di rallentamenti che erodono i guadagni dei numerosi contratti di lungo termine a costo fisso che Boeing ha con numerosi aziende e agenzie statali e militari e subiscono inevitabilmente le pressioni inflattive e di fornitura generali. A questi problemi, si sommano quelli ben noti che riguardano la sicurezza degli aerei di linea 737 Max e il fardello del debito netto arrivato a 45 miliardi di dollari, un limite sostenibile solo da un’azienda che ha rapporti istituzionali e industriali solidi.

Ritardi che costano caro

Eppure i clienti e gli investitori cominciano ad essere preoccupati e tale pressione comincia ad arrivare a chi deve prendere le decisioni cambiando non solo le persone, ma anche i metodi di lavoro. La Boeing ha perso terreno in questi anni e, invece di accelerare per recuperarlo, sembra rallentare sempre di più pagandone le conseguenze a moneta sonante. Esempi sono i 400 milioni di penali pagati solo nel secondo quarto del 2022 per ritardi sul drone di rifornimento MQ-25 per US Navy, la navicella CST-100 per il programma di trasporto Starliner della Nasa, l’aereo da trasporto e rifornimento KC-46A, il programma di addestramento T-7A per la US Air Force e il nuovo Air Force One basato sul 747-8.

Errori soprattutto produttivi

C’è infine da prendere decisioni che riguardano gli arei civili di nuova generazione e sull’implementazione di nuovi metodi di progettazione. Insider all’interno della Boeing e anche gli analisti concordano che le difficoltà maggiori sono nei processi. “I problemi di Boeing sono stati non esclusivamente, ma principalmente di esecuzione” afferma l’analista di Agency Partners, Nick Cunningham. Da qui l’esigenza di affiancare il ceo con un coo, un modello che potrebbe essere esteso anche agli altri rami dell’azienda. Fonti interne confermano che al vaglio c’è l’allargamento di questo approccio che non è nuovo in Boeing.

Tandem, modello per le emergenze

Nel 2006 infatti l’allora ceo della Boeing Civil Aviation, Scott Carson, nominò Jim Jamieson come coo il quale supervisionò le attività di sviluppo e fabbricazione per 18 mesi prima di andare in pensione. Le competenze di processo di Jamieson furono allora il perfetto complemento per quelle di vendite e marketing di Carson per un tandem di emergenza resosi necessario per l’abbandono di Alan Mullally verso la Ford Motor Company dove avrebbe concluso la propria carriera dopo averla risanata con la strategia “One Ford”, largamente ispirata all’industria aeronautica.

Il problema sta arrivando alla testa

Allora la gatta da pelare per Boeing era rappresentata dal 787 Dreamliner, la cui costruzione integrale in carbonio costrinse a cambiamenti in corso nei processi di fabbricazione, proprio mentre c’era ancora da sanare le ferite derivanti dalla crisi produttiva del 1997. In tutto questo, qualcuno all’interno di Boeing definisce “al limite” la posizione del ceo del gruppo, Dave Calhoun il quale ha ritardato decisioni importanti su un paio di arei civili, nuovi sistemi produttivi e nuove tecnologie di propulsione. Scelte – o mancate tali – che alla fine potrebbero avere conseguenze dirette sulla testa stessa della compagnia.

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