L'INTERVISTA

Latitudo 40 vola a Las Vegas, unica italiana al ReMars di Aws

La startup protagonista di una sessione dedicata all’uso delle immagini satellitari combinate con algoritmi di machine learning per centrare gli obiettivi di carbon neutrality nelle aree urbane. Il ceo Volpe: “Smart city italiane tutte da fare, Pnrr darà forte spinta” A Forum PA la presentazione del progetto Torino

07 Giu 2022

Mila Fiordalisi

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Dai 400mila euro di fatturato messi a segno nel 2021 a oltre il doppio stimati per fine anno per arrivare a 5 milioni nel 2023. Il tutto accompagnato da una crescita del team – dalle attuali 10 persone si arriverà a una cinquantina il prossimo anno, prevalentemente data scientist e sviluppatori software – e facendo leva su investimenti crescenti nelle tecnologie che consentono lo sviluppo di algoritmi di intelligenza artificiale e machine learning per l’analisi delle immagini satellitari per una mappatura delle aree urbane con livelli di precisioni elevatissimi. Questa la mission della napoletana Latitudo 40, realtà ancora poco conosciuta in Italia ma già particolarmente apprezzata oltreconfine al punto da essere l’unica italiana invitata al ReMars di Aws che andrà in scena a Las Vegas dal 21 al 24 giugno.

“Quando abbiamo battezzato l’azienda abbiamo deciso di usare sin da subito come infrastruttura cloud quella di Aws e la divisione Space ci ha selezionato per questo evento come ‘case’ nell’ambito dell’uso dei dati satellitari per il controllo ambientale delle città”, racconta a CorCom il ceo Gaetano Volpe, fondatore dell’azienda insieme con Mauro Manente che ricopre l’incarico di Cto.

Volpe cosa presenterete a Las Vegas?

Siamo stati inviati a presenziare nella sessione dedicata all’uso di algoritmi di intelligenza artificiale e machine learning e immagini satellitari per ottenere la carbon neutrality a livello urbano. In questo seminario spiegheremo come le città possono pianificare la propria tabella di marcia per raggiungere gli obiettivi utilizzando le immagini satellitari e l’intelligenza artificiale per stimare la quantità di anidride carbonica che le infrastrutture verdi urbane possono catturare. In particolare abbiamo sviluppato una specifica suite di prodotti che consentono di misurare ad esempio isole calore urbano e componenti di urban cooling e a elaborare azioni di miglioramento.

Come riuscite a estrarre i dati?

Partiamo dalle immagini satellitari disponibili negli ultimi otto anni per analizzare il trend di modifica del territorio attraverso un’analisi multitemporale e poi diamo indicazioni su come intervenire. Riusciamo inoltre ad elaborare mappatura estremamente precise attraverso la super-risoluzione: per fare un esempio attualmente la risoluzione ottenibile attraverso Sentinel 2 è di 10 metri a terra quindi ogni pixel corrisponde ad una cella di 10 x 10 metri, una risoluzione non particolarmente efficace allo scopo. In alternativa è possibile usare immagini commerciali o migliorare la risoluzione di Sentinel. Noi abbiamo deciso di percorrere quest’ultima strada e riusciamo a migliorare la risoluzione di 10 volte portando quindi a un risultato di una risoluzione con una precisione di 1,5 metri.

Avete già testato la tecnologia in qualche città?

A Barcellona abbiamo fatto uno studio e un test sull’analisi delle isole di calore urbano e su come la presenza di alberi contribuisce all’abbattimento delle CO2. E un analogo progetto vede protagonista la città di Torino per la quale abbiamo realizzato anche un paper sui servizi ecosistemici della città che presenteremo a ForumPA con Aws il prossimo 15 giugno. Progetto che consente di valutare come il verde urbano impatti sulla qualità della vita dei cittadini. Inoltre partecipiamo al progetto europeo e Spotted guidato da Engineering e Fiware che riguarda Napoli, Milano ed Helsinki. Si tratta di un progetto triennale, in cui ogni città propone dei casi d’uso con l’obiettivo di realizzare un’infrastruttura per rilasciare open data basati su dati satellitari. Siamo adesso nella definizione degli use case. E, ancora, stiamo lavorando con Statistics of Canada, (l’equivalente della nostra Istat, ndr), per individuare nuovi siti di costruzione all’interno delle città: l’istituto aveva già provato a capire come usare immagini ad alta risoluzione per monitorare a regime un’area di 400mila kmq. Ma il costo annuo dell’operazione ammonta a 80 milioni di euro, costo elevatissimo. Con la nostra super-risoluzione riusciamo a garantire una resa ottimale a un budget che è un ventesimo, 4 milioni di euro. Partiamo con un proof of concept di 3 mesi che mira a validare il progetto su 7 città canadesi – Red Deer, Cambridge, Kitchener, Waterloo, North Dumfries, Willmot e Woolwich -per circa 1.200 kmq e l’obiettivo è far lavorare un algoritmo di change detection per identificare i punti in cui sono localizzati i nuovi cantieri e consentire dunque all’Istituto di capire se i cantieri sono adeguatamente mappati anche a scopo fiscale.

Potreste replicare anche in Italia con l’Istat o l’Agenzia dell’entrate?

È evidente che le nostre soluzioni possono essere utilizzate per tutto ciò che abilita il ‘governo’ digitale dei territori quindi anche a supporto del fisco o a scopo amministrativo. Il nostro vero obiettivo è mettere i dati satellitari al servizio delle città in chiave urban data analytic platform il per il reale sviluppo delle smart-eco city. Da fine 2020 ci siamo concentrati su questa missione tenendo conto dei piani di recovery in chiave digital and green ed anche dell’attenzione che il Pnrr ha posto sull’uso dei dati satellitari per la gestione del cambiamento climatico. E siamo convinti che il Pnrr sarà una spinta concreta ai progetti di smart city finora poco sviluppati al netto di qualche città più avanti.

Come mai secondo lei l’Italia è indietro?

Le piccole e medie città non sono ancora pronte per la vera trasformazione digitale. C’è un gap culturale e gli amministratori e i decisori comunali spesso non conoscono le potenzialità dell’uso dei dati satellitari per il controllo e la pianificazione del territorio. Il Pnrr ha acceso l’attenzione e il governo italiano sta mostrando grande sensibilità all’uso dei dati satellitari ma bisogna scendere a livelli territoriali. Ad oggi c’è grande attenzione sulla componente upstream e poco su quella downstream e bisogna raggiungere l’utente “medio” ossia assessori e tecnici comunali che poi devono concretizzare i progetti a livello locale. Manca ancora l’anello di congiunzione.

Passando al business come finanziate la vostra avventura?

Abbiamo un paio di grant su cui stiamo lavorando nell’ambito del programma Smart & Start di Invitalia e poi puntiamo sui finanziamenti della Regione Campania per circa 1,2 milioni di euro. Stiamo provando a fare un round di investimento post seed fra 1,5 e 2 milioni per ulteriori risorse nello sviluppo di algoritmi basati su AI e machine learning con l’obiettivo di migliorare la capacità di analisi. Siamo poi coinvolti con cordate straniere in 3 progetti nell’ambito di Horizon Europe che dovrebbero partire nel corso dell’anno ma non posso anticiparle altro per ora.

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