Nel gelo del deserto del Gobi, dove la polvere rossa si mescola alle promesse di conquista orbitale, la giovane impresa privata LandSpace ha alzato la posta. Fondata appena dieci anni fa, oggi è descritta da analisti internazionali come “il rivale cinese più credibile” di SpaceX. L’obiettivo ambizioso: dimostrare che anche in Cina il lancio spaziale può diventare un’industria commerciale basata sulla riusabilità.
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Razzo riutilizzabile
Il razzo si chiama Zhuque-3: struttura d’acciaio inox, capace in teoria di trasportare 20-25 tonnellate in orbita terrestre bassa. L’elemento cruciale: il primo stadio, concepito per tornare a terra, atterrare verticalmente e quindi ridiventare operativo. Se la prova avrà successo, LandSpace diventerebbe la prima azienda privata cinese – e la terza al mondo – a padroneggiare una tecnologia che ha rivoluzionato il mercato satellitare.
Pubblico-privato
I numeri – e i capitali – dicono molto. Finanziamenti per miliardi di yuan da fondi privati e statali, fra venture-capital e entità collegate al governo: un mix che rende evidente come Pechino stia investendo non solo su nuove imprese, ma su un vero progetto di potenza tecnologica.
Insidie tecniche
Eppure, per chi osserva la scena, la promessa resta fragile. La strada verso la riusabilità stabile – decolli rapidi, ritorni sicuri, riaccensioni affidabili – è disseminata di insidie tecniche. Le prove condotte finora, comprese accensioni statiche e test preliminari di recupero, non bastano per dimostrare che Zhuque-3 possa davvero competere con razzi come Falcon 9.
Scenario geopolitico
Ci sono poi le dimensioni geopolitiche: consentire a società private cinesi di lanciare in maniera più economica e frequente satelliti – per telecomunicazioni, osservazione, sorveglianza – rappresenta un balzo strategico per l’agenda spaziale di Pechino. Vuol dire competere globalmente, non più solo sul piano statale, ma con forze imprenditoriali che combinano risorse pubbliche e ambizione commerciale.






