L'APPROFONDIMENTO

Osservazione della Terra, il mercato italiano potrebbe valere 500 milioni

La stima preliminare annunciata in occasione del webinar P4I-Digital360 dedicato ad esplorare le potenzialità di crescita della space economy nazionale e a fare il punto sulle questioni regolatorie e sull’accesso ai fondi del Pnrr

27 Gen 2022

Mila Fiordalisi

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Il mercato italiano dell’Osservazione della Terra, pilastro fondante della strategia sulla space economy potrebbe valere 500 milioni di euro. Questa la stima annunciata da Angelo Cavallo, direttore dell’Osservatorio Space economy del Politecnico di Milano in occasione del webinar di P4I-Digital360 “Space economy, sfide e opportunità per il new business”.

“La space economy è molto vasta abbiamo scelto sin da subito di concentrarci sulla earth observation perché l’osservazione della Terra è la componente che può fare da volano ad altri segmenti – ha sottolineato Cavallo -. I policy maker stanno dando molto attenzione a questo segmento: l’Esa ha destinato 1,4 miliardi dei 6,5 del budget 2021 proprio all’osservazione della Terra e a livello nazionale nell’ambito del Piano strategico nazionale da 4,7 miliardi sono 1,8 quelli destinati al programma Mirror Copernicus. È la stessa presidenza del Consiglio dei ministri che considera il comparto space un driver economico e per fare una stima sul segmento dell’earth observation abbiamo lanciato una survey insieme con lo User Forum nazionale Copernicus (che ha incarico diretto dalla Presidenza del Consiglio) per stimare il valore del mercato. La prima stima è di 500 milioni di euro, un dato però “prudente”: la survey è ancora aperta e confidiamo di ultimare le stime in paio di mesi”.

Ha acceso i riflettori sulla space economy anche di Partners4innovation-Digital 360 che ha attivato una una practice ad hoc. “Lo spazio è un vero oceano blu che può cubare la nascita di tutta una serie di aziende anche sul fronte della consulenza. E anzi la competizione è fondamentale per far crescere il mercato”, ha spiegato Gabriele Faggioli ceo di Digital360 e di Partners4innovation. “Abbiamo messo insieme tutta una serie di competenze e creato un team di specialisti”. E a tal proposito Pietro Santoriello, che guida la practice, ha spiegato che l’obiettivo “è accompagnare le aziende della filiera spaziale a cogliere nuove opportunità sul fronte commerciale ma anche prendendo in esame questioni quali la cybersecurity e quelle normative”. Il tutto attraverso collaborazioni anche con il mondo dell’università e della ricerca.

La space economy può essere dunque considerata il nuovo eldorado del business. Il potenziale di crescita dell’economia spaziale e, soprattutto delle aziende dell’ecosistema italiano dell’Ict, è enorme. Molti i player già in campo, molti gli astri nascenti – sono sempre più numerose le startup dal dna “spaziale” – e molte anche le sfide. L’aerospazio ha una voce dedicata nel Pnrr quindi ci sono fondi a disposizione per il lancio di nuove iniziative e servizi e la Commissione Ue ha annunciato nei giorni scorsi il lancio del nuovo fondo Cassini da 1 miliardo di euro per sostenere le startup dell’aerospazio. Ma l’accesso ai fondi non è cosa semplice e sul cammino italiano ci sono anche una serie di nodi da sciogliere sul fronte normativo e regolatorio.

Sul tema della legislazione è intervenuto Ivan Fino, esperto di diritto dello spazio extra-atmosferico che ha fatto una ricognizione sulle principali norme internazionali annunciando però che “si farà sempre più ricorso alla cosiddetta soft law”. “Ci sono voluti anni per accordarsi su principi che hanno regolato l’attività spaziale e la partita geopolitica si sta facendo complessa: si è passati dal modello bipolare Usa-Russia alla discesa in campo di nuovi forti attori, la Cina ma anche l’Europa e l’India”.

E l’avvento del turismo spaziale sta aggiungendo carne al fuoco: “Questa nuova attività turistica mette in luce l’inadeguatezza del quadro giuridico attuale sollevando una serie di questioni che il diritto dovrà valutare e che risultano fondamentali per o sviluppo del settore – ha evidenziato Viviana Iavicoli ricercatrice presso l’Istituto di Studi Giuridici Internazionali del Cnr -.Se dal punto di vista tecnologico il turismo spaziale è già nei fatti, dal punto di vista giuridico la situazione è lungi dal presentare un quadro definito. A cominciare dallo status stesso di turista spaziale, che andrà considerato disgiuntamente da quello di astronauta, il solo preso in considerazione dai Trattati esistenti. Manca infatti nel diritto dello spazio la definizione di astronauta, che viene semplicemente identificato quale “inviato dell’umanità”, qualifica che peraltro poco si addice al turista spaziale”.

La voce dell’industry, quella delle startup, ha visto in campo Francesco Ventre, ceo di Walle Mobility, la prima startup italiana di urban air mobility: “Siamo nati a maggio scorso dopo uno sviluppo nella fase clou della pandemia. Puntiamo a sviluppare un nuovo concetto di mobilità attraverso velivoli che si muovono in spazi ridotti e vogliamo posizionarci come primo operatore di quelli che sono comunemente noti come taxi drone. Già dagli inizi del 2010 già molte le startup che hanno iniziato a sviluppare dei concept di veicoli e ad oggi siamo a 400 aziende, alcune quotate”. Ventre però pone l’attenzione sulle questioni regolatorie: “Ad oggi non esistono criteri certificativi per questo tipo di veicoli tant’è che Enac ha assimilato alcune delle norme emanate da Easa che però prevede l’attuazione delle norme stesse solo nel 2025 e che sono oggetto di consultazione pubblica per arrivare a un quadro condiviso finale”.

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