L'ANALISI

Space economy, l’ascesa dei Paesi Arabi

Nel 2020, solo l’Arabia Saudita ha stanziato 2,1 miliardi di dollari per il suo programma spaziale, nell’ambito dell’agenda Vision 2030, che prevede la transizione della sua economia dalla dipendenza dal petrolio e dal gas agli investimenti tecnologici

25 Mag 2023

Nicola Desiderio

I paesi arabi guardano allo spazio con programmi sempre più ambiziosi e, se anche il loro ambito è ancora parziale, dimostrano l’importanza dello spazio come strumento strategico che è necessario per sostenere la crescita economica, le infrastrutture e la transizione ecologica. Ma per fare il salto definitivo avrebbero bisogno di sviluppare programmi congiunti su base stabile.

La Vision 2030 di Arabia Saudita

L’Arabia Saudita ha iniziato nel 1985 mandando in orbita il suo primo satellite e il suo primo astronauta. Dal 2020 ha rilanciato i propri programmi spaziali con la strategia Vision 2030 e uno stanziamento di 2,1 miliardi di dollari per guidare l’economia al di fuori del petrolio. La Saudi Communication, Space & Technology Commission (Cst) sostiene finanziariamente lo sviluppo di start-up a livello internazionale ed ha annunciato la formazione della Space Enterpeneurship Alliance per dare ulteriore spinta alla sostenibilità.

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Verso l’esplorazione spaziale

Le ultime conquiste sono l’invio della prima donna astronauta, Rayyanah Barnawi, presso la Stazione Spaziale Internazionale sulla missione AX-2 di Axiom Space e il lancio del nanoatellite IoT a banda stretta 5G in orbita bassa con Aramco, per monitorare a distanza le condutture per olio e gas e i contatori a distanza. La firma degli Artemis Accord permette di immaginare ulteriori passi avanti, anche nel campo dell’esplorazione spaziale, magari sulla Luna o su Marte.

Cosa fanno Kuwai e Bahrein

Anche altri paesi dell’area si stanno dando da fare. Il Kuwait lo scorso gennaio ha lanciato il suo secondo satellite con lo scopo di raccogliere dati topografici e ambientali. Seguiranno altri nanosatelliti dedicati a scopi specifici. Il Bahrein ha lanciato il suo primo satellite nel dicembre del 2021 per studiare i raggi gamma che si originano tra le nuvole e le tempeste. Il prossimo è previsto già per quest’anno sotto la supervisione della National Space Science Agency.

Oman ed Emirati Arabi Uniti

Altra nazione emergente è l’Oman che ha nei suoi piani la costruzione del rimo spazioporto nel Medio Oriente. Gli Emirati Arabi Uniti hanno iniziato a pensare allo spazio dal 2000 lanciando il primo satellite per telecomunicazioni dell’area seguito dal primo satellite governativo nel 2009 e il primo nanosatellite nel 2017 mentre risale al 2006 la fondazione dello Mohammed Bin Rashid Space Centre (Mbrsc), sede dello UAE National Space e del programma di incubazione Space Venture.

Stazione su Marte nel 2117

Gli Emirati Arabi vogliono una stazione stabile su Marte entro il 2117 dove sono già arrivati nel 2021 con la sonda Hope, la prima missione interplanetaria araba. A bordo del lander giapponese Ispace, schiantatosi sul suolo lunare, c’era anche il rover Rashid mentre la Dubai Electricity and Water Authority (Dewa) è diventata da poco la prima utility al mondo a inviare in orbita i propri satelliti per l’allocazione e la manutenzione delle reti elettriche e dell’acqua. Un secondo astronauta è stato sulla Iss all’inizio del 2023.

Insieme ma poco uniti

A conti fatti sono proprio Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita i paesi più strutturati per la ricerca spaziale a livelli, per certi versi, vicini a quelli delle nazioni europee, ma quello che manca è la condivisione di risorse all’interno di organizzazioni spaziali più ampie come l’Esa, in grado di creare una massa critica simile e analoga a quella gestita dalla Nasa e dalle agenzie spaziali di Cina, Russia e India.

Servono progetti congiunti

Dal 2019 esiste la Arab Space Cooperation Group (Ascg) che oggi comprende 14 paesi (Algeria, Arabia Saudita, Bahrain, Egitto, Giordania, Iraq, Kuwait, Libano, Mauritania, Marocco, Oman, Sudan, Tunisia e Uae). Sono stati avviati programmi di collaborazione su standard, conoscenze e posizioni politiche sul piano internazionale, ma ciò che ancora manca è un budget unico insieme a programmi congiunti come i sistemi satellitari che oggi sono il punto di forza dell’Esa come Copernicus e Galileo. Il denaro per farlo e le ambizioni certo non mancano.

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