SPACE ECONOMY

Spazio, Jennifer A. Mannern: “Serve un organismo internazionale per la sostenibilità”

Secondo la senior vice president per gli affari regolatori della EchoStar/Hughes sarà fondamentale per il futuro coinvolgere gli addetti ai lavori del settore pubblico e privato per elaborare regole e decisioni, prima che sia troppo tardi

23 Dic 2021

Nicola Desiderio

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Per quanto sia impossibile pensarlo, anche lo spazio è una risorsa limitata e dunque come tale va gestita, ma le norme e le regole che lo regolano appaiono sempre più inadeguate alla luce del crescente affollamento che si registra nello spazio esterno terrestre. La mancanza di un quadro di norme globali per la sostenibilità dello spazio deve essere affrontata immediatamente, o sarà troppo tardi e, per farlo, ci vogliono regole più particolari e stringenti dell’Outer Space Treaty e del Registration Convention, ma soprattutto ci vuole un organismo internazionale che lo faccia in modo specifico e renda le norme efficaci con un sistema di sanzioni.

È questa l’opinione di Jennifer A. Manner, senior vice president per gli affari regolatori della EchoStar/Hughes che, in una lettera aperta pubblicata nei giorni scorsi su SpaceNews.com, affronta il problema della regolamentazione dello spazio a titolo personale. “L’incapacità di implementare un quadro globale con un meccanismo di imposizione per la sostenibilità dello spazio potrebbe avere un impatto significativo sulla capacità di utilizzare a pieno tale risorsa nel prossimo futuro” afferma la Manner partendo dall’azione anti satellite compiuta recentemente dalla Russia che ha avuto, come conseguenza, la produzione di oltre 1.400 detriti di differenti dimensioni che rappresentano un pericolo per tutti gli oggetti che sono e saranno in orbita intorno alla Terra.

I numeri sull’affollamento e sull’inquinamento dello spazio intorno alla Terra, raccolti dalla Secure World Foundation, sono impressionanti. Nelle orbite terrestri vi sono oltre un milione di detriti: 34mila superano i 10 cm, 900mila hanno dimensioni comprese tra i e 10 cm e 128mila misurano tra 1 e 10 mm. La loro massa complessiva è di circa 8.800 tonnellate e ciascuno di essi viaggia a una velocità media di 29.000 km/h, sono dunque veri e propri proiettili in grado di mettere a repentaglio l’integrità e la sicurezza delle missioni e di innescare la cosiddetta Sindrome di Kessler, una reazione a catena che coinvolga satelliti e detriti. Al mese di maggio si contano 4.084 satelliti: 3.328 stazionano nella bassa orbita, 139 in quella media, 560 nella geostazionaria e 57 compiono un’orbita ellittica la cui traiettoria è compresa tra 2.000 e 40.000 km.

Solo negli ultimi 9 mesi sono stati lanciati 1.400 satelliti. Non si era mai vista un’escalation simile. E siamo solo all’inizio perché il futuro è fatto di megacostellazioni di satelliti. La rete Starlink di SpaceX avrà a regime 41.493 satelliti, la cinese Guo Wang ne prevede 12.992, OneWeb ne avrà 6.372, Lynk si “fermerà” a 5.000 e la rete Kuiper di Amazon a 3.326. Ma ve ne sono anche altre. Lo spazio è preso letteralmente d’assalto e sta diventando terreno di conquista per società private, non solo per servizi di telecomunicazioni e commerciali, ma anche per nuovi business come il turismo spaziale. In più, sono cresciute anche le sperimentazioni militari per testare la capacità distruttiva di armi. Occorre dunque una governance globale che riguardi aspetti come la rimozione dei detriti, la manutenzione dei satelliti, la gestione del traffico.

Secondo la Manner, per mettere in atto tale governance non sono sufficienti, come da taluni proposto, organi esistenti come il Comitato Onu per gli Utilizzi Pacifici dello Spazio Esterno (Copuos), l’International Telecommunication Union (Itu) or l’International Civil Aviation Organization (Icao). Questi organi hanno alcune delle competenze in questi campi, ma nessuno di questi ha le caratteristiche necessarie per essere davvero efficace: “Creare un’organizzazione apposita che abbia come missione la sostenibilità dello spazio è molto più importante che sfruttare quelle esistenti”. Secondo il manager americano sarebbe invece saggio partire dai trattati esistenti più efficaci per aggiornarli e farne l’auspicata base per creare il quadro normativo necessario a regolare l’utilizzo sostenibile dello spazio esterno.

Questa organizzazione dovrebbe avere cinque requisiti. Il primo è avere una missione chiara e specifica nella sostenibilità dello spazio, il secondo è un forum per l’accordo sui parametri di sostenibilità composto da rappresentanti delle organizzazioni statali e agenzie spaziali. Il terzo è che questa organizzazione rifletta nella struttura e nel voto gli obblighi presi dai singoli stati a livello internazionale. Il quarto è coinvolgere il settore privato dandogli un ruolo di consulenza, senza diritto di voto, nel processo di elaborazione delle regole e delle decisioni. Il quinto è avviare un percorso che porti alla creazione di meccanismi di imposizione e sanzioni condivisi da tutti che rendano realmente efficaci le norme. Il primo luogo adatto dove parlare di tutto questo potrebbe essere il prossimo incontro del Copuous previsto per il mese di giugno.

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