L'INTERVISTA

Osservazione della Terra, Cheli: “Dati open per creare altissimo valore aggiunto”

La direttrice dei programmi di Osservazione della Terra dell’Agenzia Spaziale Europea e a capo dell’Esrin: “Il successo di un progetto di ricerca non è solo scientifico e istituzionale ma anche economico. E bisogna sostenere la commercializzazione delle attività spaziali”

23 Giu 2022

Pietro Santoriello

Simonetta Cheli

Uno degli indirizzi di specializzazione del comparto spaziale europeo riguarda il telerilevamento e il monitoraggio della Terra dallo Spazio. In questo senso possiamo sottolineare come lo sviluppo di questa industria sia stato spinto negli anni dagli sforzi dell’Esa (Agenzia Spaziale Europea): per capire come l’Osservazione della Terra sia un asset strategico per gli stati europei abbiamo intervistato Simonetta Cheli, direttrice dei programmi di Osservazione della Terra dell’Agenzia Spaziale Europea e a capo di Esrin (European Space Research Institute).

Direttrice Cheli, per cominciare può farci il punto sui piani di sviluppo del programma di Osservazione della Terra dell’Esa e sulle ricadute da un punto di vista ambientale e scientifico?

Innanzitutto, il lavoro dell’Esa si pone in sinergia con quelle che sono le politiche di sviluppo in campo ambientale dell’Unione Europea, ma anche delle Nazioni Unite. Dal monitoraggio dello scioglimento dei ghiacci nella zona artica, alla deforestazione, alla gestione delle politiche agricoli comuni. Sono 3 le famiglie di satelliti di cui ci occupiamo, abbiamo la filiera metereologica (sviluppata dagli anni ’70) con Eumetsat, abbiamo una filiera di satelliti scientifici con lo scopo di studiare eventi precisi in termini ambientali (missioni Explorer) e abbiamo la terza filiera, quella del Programma Copernicus, diretto e finanziato dall’Unione Europea (Esa si occupa dello sviluppo dell’architettura di sistema). Le cosiddette ‘Sentinelle’ di questa costellazione sono già 7 in azione e ne verranno lanciate altre. Si tratta del volume di dati più ampio al mondo sia per scopi scientifici sia per scopi commerciali per quanto riguarda l’ambiente e i cambiamenti climatici. Basti pensare che la Noaa (National Oceanic and Atmospheric Administration) utilizza su base giornaliera i dati di Copernicus. È quindi un asset di una rilevanza strategica enorme, non solo per il continente europeo.

Trattandosi del volume di dati più ampio al mondo su questo tema, sicuramente rappresenta un asset strategico in particolare considerando che i dati di Copernicus sono free and open. Com’è nata questa intuizione? Quali sono i risvolti sulla ricerca ambientale e sull’industria?

Esatto, la politica di gestione dei dati di Copernicus è free and open. Il senso di questa decisione non è su base commerciale, ma in risposta alla vocazione da parte di Esa a supportare il mondo della ricerca scientifica e, nello specifico, la ricerca scientifica in campo ambientale. Le missioni di Copernicus, inoltre, garantiscono la fornitura di dati per lunghissimo tempo: per chi inoltre vuole fare business la continuità del dato è un elemento essenziale per poter costruire ulteriore valore. La politica di gestione e diffusione dei dati di Copernicus è rivoluzionaria e parte da una riflessione molto importante: il dato in sé non ha valore puro. Fornirlo in modalità totalmente aperta, garantendone l’accesso e l’utilizzo libero democraticizza la ricerca e consente la creazione di un altissimo valore aggiunto. Perciò quello che crea mercato, business, in questo senso, è proprio l’elaborazione del dato, la sua analisi e la ricerca, con diversi livelli di processamento. In effetti la logica di apertura è stata di enorme successo e, soprattutto, è stata un volano per dar vita a iniziative private e pubbliche di sviluppo, processamento e analisi dei dati finalizzate alla commercializzazione.

Dal dato grezzo deve derivare l’informazione e dall’informazione la creazione di un servizio commercializzabile: non sembra un trasferimento semplice. Come avviene il passaggio dalla fase di ricerca all’applicazione commerciale?

Il passaggio dalla tecnologia al business non è immediato, ma sono necessarie ulteriori attenzioni. Il primo step è la validazione della tecnologia, successivamente è necessario cercarne le corrette applicazioni e, solo infine, si può arrivare alla commercializzazione di ciò che è stato precedentemente validato e applicato. Copernicus è la prova di questo processo e la sua forza è la sistematicità: la raccolta dei dati non avviene tramite richiesta, cioè i satelliti non vengono previsti e operati su una zona su base di una richiesta, c’è un passaggio sistematico ogni 5 giorni. Questo credo che sia uno dei motivi anche del successo che non è solo scientifico e istituzionale ma anche economico.

A validare questa tesi suggerisco di guardare il report di Earsc (European Association of Remote Sensing Companies) che rileva un dato di incremento del sistema di prodotti e servizi europei dell’ordine del 10/12% all’anno riguardo al valore del mercato downstream (cioè utilizzo del dato). Esa nasce con la vocazione per la ricerca e lo sviluppo, ma oggi si vuole interrogare anche su come si passa dalla valenza scientifica a quella commerciale. Ecco una delle nuove ambizioni e priorità del direttore generale di Esa nella sua agenda, che è il piano di lavoro dei prossimi anni fino al 2025 ma con una prospettiva fino al 2035, è quello di aumentare la commercializzazione delle attività spaziali. Quindi lo spazio che non è più oggi soltanto una logica di finanziamenti istituzionali governativi ma è sempre più un collegamento tra questo mondo scientifico e quello commerciale.

Quali sono i programmi che Esa ha creato per favorire l’interlocuzione tra il mondo della ricerca e quello commerciale? Esiste un supporto alle imprese?

Come detto in precedenza per passare dalla ricerca e dalla tecnologia al valore commerciale è necessario sostenere la commercializzazione delle attività spaziali, non solo a livello istituzionale ma proprio tramite la promozione di iniziative commerciali. Una di queste iniziative è InCubed (un programma Esa gestito da ɸ-lab): un programma tra industria privata e pubblico che prevede diversi processi di facilitazione per ottenere co-finanziamenti e per avere un accesso diretto alle strutture di Osservazione della Terra dell’Esa. Inoltre, grazie ai fondi messi a disposizione (circa 450 milioni di euro nel quadro della delega dei fondi Multiannual Financial Framework della Commissione Europea) per “data buy” cioè acquisto di dati da Osservazione della Terra da iniziative nazionali ma anche da iniziative private, da aziende come Iceye o come Airbus. Ciò faciliterà il supporto ad attività commerciali europee in ambito Earth Observation.

L’altra iniziativa che stiamo portando avanti per collegare appunto questo nostro tradizionale mondo scientifico alla necessità di integrazione con tecnologie digitali di supporto al commerciale, abbiamo lanciato un’iniziativa si chiama Digital Twin of the Earth che si basa su Artificial Intelligence ed elaborazione dei dati. Questo lo facciamo con aziende che non sono tradizionalmente del settore dell’osservazione della terra dello spazio quindi abbiamo una serie di attività e di iniziative e di piani di lavoro su cui stiamo eh veramente supportando quello che è il New Space e le nuove iniziative nel contesto commerciale. Ci si rende conto oggi che non si può più sostenere un mondo dello spazio solo finanziato a livello pubblico istituzionale, bisogna aiutare l’azienda ad avere un prodotto che sia qualificato e l’Esa ha l’expertise per aiutare in questo. Può anche favorire dei network tra varie aziende di vari paesi e quindi creare potenzialmente dei mercati commerciali che vanno al di là una dimensione nazionale. Tutto questo è quello che stiamo facendo per riorientare l’Esa ad un supporto verso nuove iniziative commerciali in questo ambito.

 

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