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Iss, la Nasa prepara il “deorbiting” e chiede aiuto all’industria

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L’agenzia spaziale americana aveva già una strategia pubblicata a gennaio, ma l’invasione dell’Ucraina ha rimescolato le carte. Non potendo contare sulla permanenza della Russia e dei suoi motori a bordo della Stazione, ora si punta all’utilizzo di un rimorchiatore per le manovre di rientro

Pubblicato il 25 Ago 2022

Nicola Desiderio

Iss

La Nasa sta provvedendo a far rimanere la Stazione Spaziale Internazionale in orbita fino al 2030, ma ha iniziato anche a prepararsi al suo rientro sulla Terra. Lo scorso 19 agosto l’agenzia spaziale americana ha infatti pubblicato un bando con il quale ha richiesto alle aziende del settore informazioni sulle misure che prenderebbero per il rientro della Iss da far pervenire entro il 9 settembre.

Come far tuffare 450 tonnellate

Si tratta di far rientrare 450 tonnellate con un delta-V di 47 m/s e farle tuffare nell’Oceano Indiano, ma anche di preparare il tutto almeno un anno prima facendo attraccare al modulo Node 2 il “rimorchiatore spaziale” la cui forza di spinta minima deve essere, secondo i calcoli della Nasa, di 3.236 N. Quest’ultimo avrebbe il compito di iniziare le manovra portando la Iss a una quota dapprima di 270 chilometri, dove il mantenimento del perigeo è già subordinato all’azione dei motori di bordo russi posizionati sul modulo Russian Progress, e poi in un’orbita ellittica compresa tra 145 e 200 km. Subito dopo il rimorchiatore prenderebbe in mano la situazione, portando la stazione a 50 km di altitudine e guidandola alla manovra di rientro finale seguendo un corridoio prestabilito.

Il piano di gennaio non vale più

Il bando segna un’evoluzione rispetto al piano pubblicato dalla stessa Nasa in gennaio, quando la Russia non aveva ancora invaso l’Ucraina, che delineava una manovra di rientro effettuata servendosi dei motori di bordo e, per renderla più sicura, di una navicella Cignus della Northrop Grumman per effettuare le manovre. È evidente che, alla luce della nuova situazione geopolitica e di fronte alla possibilità che la Russia si disimpegni dalla Iss nel 2024 o comunque prima del 2030, occorre pensare qualcosa di diverso e cominciare a farlo già da ora attingendo alle competenze di tutte le società aerospaziali. E visto che la questione riguarda anche Esa, Cnsa e Jaxa, nell’opera di consulenza potrebbero essere coinvolta anche aziende europee, candesi e giapponesi.

Una questione non solo americana

E che il deorbitamento potrebbe essere una questione che riguarda non solo la Nasa lo dicono anche le parole di Kathy Lueders. “La Nasa i nostri partner internazionali stanno prendendo un approccio prudente alla pianificazione della fine vita della stazione spaziale – ha detto l’associate administrator dell’agenzia – per portarne a termine il deorbitamento in modo sicuro. Come parte del nostro piano di transizione per il 2030, stiamo perseguendo una ridondanza sufficiente per la sicurezza dell’equipaggio, delle persone e delle strutture sulla Terra. Questa potrebbe anche essere una capacità importante per gli Stati Uniti e le future destinazioni commerciali”.

Tenersi pronti a tutto

Da notare che il bando emesso qualche giorno fa parla della possibilità di effettuare il rientro con o senza l’equipaggio a bordo, con o senza sistemi di guida autonoma. Altro requisito è la capacità da parte del rimorchiatore di poter governare posizione e velocità durante tutta la manovra di rientro. Inoltre “Sebbene la fine nominale della Iss sia fissata alla fine del 2030, il governo richiede che tale capacità di deorbitamento sia disponibile il prima possibile per proteggersi dalle contingenze che potrebbero spingere a un rientro anticipato o oltre il 2030 nell’eventualità di estensione di missioni per la Iss”. Si fa inoltre riferimento a una stima dei costi, alle modalità di contratto, alla definizioni delle procedure operative e alla possibilità di rendere il modulo di rientro utilizzabile anche per la parte commerciale destinata a subentrare alla Iss.

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