LA CRISI

Virgin Orbit, via alla vendita “accelerata” degli asset

In una mozione depositata presso il tribunale fallimentare federale del Delaware la società ha proposto una procedura di gara per sollecitare le offerte all’inizio di maggio per indire l’asta il 18 e chiudere l’operazione entro la fine del mese

12 Apr 2023

Paolo Marelli

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Virgin Orbit ha dato il via libera alla vendita “accelerata” della società o dei suoi asset, sperando di concludere le operazioni entro la fine di maggio. È quanto emerge dalla mozione depositata dalla società del magnate Richard Branson presso il tribunale fallimentare federale del Delaware lo scorso 7 aprile. Secondo questo documento l’azienda, con sede a Long Beach (California), ha presentato un programma per una cessione rapida della società specializzata nel lancio in orbita di mini satelliti e delle sue attività. 

L’asta il 18 maggio

La regia dello complesso passaggio di mano è stata affidata alla banca d’affari Ducera Partners con uffici a New York e Los Angeles. Nel testo sono indicati anche i tempi: le offerte di acquisto dovrebbero arrivare entro l’inizio di maggio, mentre l’asta è prevista per il 18 maggio.

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Virgin Orbit ha depositato istanza di fallimento ai sensi del Chapter 11, la procedura per la bancarotta della legislazione americana, lo scorso 4 aprile. Un mossa obbligata dopo che sono naufragati tutti i tentativi del ceo Dan Hart di raccogliere i fondi necessari per continuare le attività. Messa in ginocchio da una mancanza di liquidità, la società fondata nel 2017 è stata costretta a licenziare circa l’85% dei suoi dipendenti.

La corsa alla vendita

La banca d’investimenti Ducera, si legge negli atti, ha “già avviato il processo di commercializzazione” di Virgin Orbit. Subito dopo il ricorso al Chapter 11, ha fatto partire l’istruttoria e contattando potenziali acquirenti, compresi coloro che potrebbero essere interessati non ad acquistare in blocco la società, ma solo alcuni sui segmenti. Per la banca newyorkese, la possibilità di comprare anche soltanto dei rami d’azienda dovrebbe accrescere il numero dei potenziali acquirenti.

Difficoltà finanziarie dal 2021

Sempre consultando i documenti presentati nel ricorso al Chapter 11, risulta che Virgin Orbit ha cominciato ad avere difficoltà finanziarie da quando ha completato la sua fusione Spac (Special purpose acquisition companies, i cosiddetti “veicoli societari d’investimento”) alla fine del 2021. 

Un’operazione d’investimento strategico che ha fruttato alla società di Branson molto meno denaro del previsto, quando la maggior parte degli investitori Spac hanno riscattato le proprie azioni. Virgin Orbit, infatti, ha ricevuto solo 67,8 milioni di dollari proventi dalla Spac rispetto al monte complessivo previsto di 382 milioni.

La crisi di liquidità

Da allora l’azienda spaziale ha “perseguito un’ampia gamma di transazioni strategiche per soddisfare le sue continue esigenze di liquidità”, ha affermato l’amministratore delegato Hart, in una dichiarazione giurata e depositata nell’ambito del procedimento del Chapter 11. Virgin Orbit aveva anche avviato una collaborazione con Goldman Sachs all’inizio del 2022, poco dopo il completamento della fusione Spac allo scopo di raccogliere nuovi capitali o di tentare una vendita della società stessa.

Il flop di LauncherOne

Virgin Orbit “ha ricevuto risposte da diverse parti potenzialmente interessate a partecipare a varie contrattazioni”, ha continuato Hart, ma senza mai concludere un accordo. L’amministratore delegato ha poi spiegato che il fallimento della missione LauncherOne del 9 gennaio scorso ha provocato all’azienda una “pubblicità negativa”, rendendo più difficile la sfida di trovare nuovi investitori o acquirenti.

Il tracollo della società

Hart non lo ha rivelato, ma quando anche l’investitore texano Matthew Brown, che sembrava interessato a investire in Virgin Orbit 200 milioni di dollari ha fatto dietrofront, la situazione per la società di Branson è precipitata irrimediabilmente. Il crollo del titolo al Nasdaq e il successivo il ricorso al Chapter 11 hanno portato al delisting, con il conseguente passo obbligato di vendere l’azienda o delle sue attività.

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