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Missioni spaziali, dagli obiettivi al commissioning: tutte le fasi del making of

Ogni progetto viene sviluppato sulla base di una sequenza di fasi che ne individuano i requisiti, i vincoli, le prestazioni, i costi ed i rischi e la cui suddivisione segue precisi standard internazionali. Call of Ideas cruciali per mettere a punto il programma scientifico

08 Gen 2024
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Nelle economie moderne il motore della crescita economica è quasi sempre rappresentato dall’innovazione tecnologica, spesso decisiva all’avvio di un nuovo programma spaziale. Ogni progetto, indipendentemente dalla sua complessità e dalla sua durata, viene sviluppato sulla base di una sequenza di fasi che ne individuano gli obiettivi, i requisiti, i vincoli, le caratteristiche, le prestazioni, i costi ed i rischi e la cui suddivisione segue precisi standard internazionali. Il primo passo nel processo che porta all’ideazione di una nuova missione spaziale è l’individuazione dei suoi obiettivi; questa fase è nota come fase zero o anche pre-fase A e si conclude con la Mission Definition Review.

L’innovazione è uno dei driver di missione nei programmi scientifici o anche nelle missioni pre-operative, dove un alto rischio tecnologico può essere accettato proprio con l’obiettivo di verificare e validare la strumentazione e gli scenari applicativi di future missioni operative, mentre nei programmi il cui utilizzo finale è la commercializzazione dei dati, l’innovazione tecnologica rappresenta una componente di rischio, che può avere importanti impatti sui tempi di realizzazione e sui costi del programma; per questo si predilige di solito un basso rischio tecnologico preferendo il riutilizzo di tecnologia matura e qualificata, con processi industriali standard, al fine di garantire il massimo ritorno dell’investimento effettuato come afferma Armando Tempesta nel numero 5 di Space Magazine del 2014.

Il ruolo delle Call for Ideas

Per mettere a punto un programma scientifico, si ricorre tipicamente a Call for Ideas o Open Call, indirizzate alla comunità scientifica, dove vengono descritti gli obiettivi, la classe e il costo della missione oltre ai dettagli programmatici e attuativi. Le proposte pervenute in risposta a queste call aperte sono valutate e selezionate da esperti del settore che fanno parte dei comitati consultivi scientifici delle agenzie. Questo processo produce solitamente tre o quattro mission concepts per un programma, che entrano in una fase di valutazione e per i quali viene avviato uno studio di fattibilità, tipicamente della durata di un anno, che è la fase A di un progetto spaziale. Lo studio di fattibilità non individua potenziali progetti, ma verifica le condizioni di sviluppo di un progetto pre-identificato, fornendo tutti gli elementi per l’avvio della fase realizzativa attraverso l’identificazione di adeguate soluzioni tecnico-programmatiche scelte sulla base di criteri predefiniti, nell’ambito di vincoli economici e temporali dati. Questa fase si conclude con la Preliminary Requirements Review fornendo tutti gli elementi per l’avvio della fase di definizione delle specifiche del progetto, della configurazione e delle interfacce, nota come Fase B del progetto.

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L’esempio di Cosmo-SkyMed

Nel caso di un programma operativo,come quello della costellazione Cosmo-SkyMed, che rappresenta uno dei maggiori investimenti nel settore dei sistemi spaziali per l’Osservazione della Terra fatti dal nostro Paese, la fattibilità del progetto si è completata con lo sviluppo delle tecnologie abilitanti necessarie a garantire la sua realizzabilità. Ed è stato proprio uno dei contratti tecnologici chiave, focalizzato sullo sviluppo della tecnologia e del modello di qualifica di un radar ad apertura sintetica ad alta risoluzione in banda X, che ha costituito il pilastro sulla base del quale è stato poi avviato il contratto definitivo di fase C/D/E per la definizione, sviluppo, realizzazione, messa in orbita e avvio operativo del sistema di Osservazione della Terra per applicazioni duali (civili e militari) Cosmo-SkyMed come riporta su Arnaldo Capuzi su Space Magazine n. 5 del 2014.

La fase C rappresenta la fase di definizione dettagliata delle specifiche di realizzazione e validazione del design, che si chiude con la Critical Design Review prima dell’avvio della fase di produzione e test di qualifica o fase D, che conduce alle Qualification e Acceptance Reviews.

A conclusione della fase D si autorizzano la spedizione del satellite/payload al sito di lancio, le operazioni al sito di lancio e il lancio.

Il commissioning

La successiva fase di avvio della vita operativa di una missione è nota come fase E, e prevede la fase di commissioning del satellite (validazione in volo), le attività nominali a regime, le operazioni di contingency e/o emergenza. Prima del lancio sono di norma stabilite anche le strategie di fine missione o fine vita operativa (fase F), nel corso della quale il satellite deve essere posizionato in modo da permettere il rientro nell’atmosfera o l’allontanamento definitivo dalla Terra (a seconda del tipo di missione), secondo modalità regolate da norme internazionali. Ad esempio, il propellente residuo deve essere scaricato per evitare esplosioni e questa operazione può anche richiedere diversi mesi, come è avvenuto per il terzo satellite della prima generazione della missione Cosmo-SkyMed.

“Per un sistema di tipo duale – spiega Alessandro Coletta, su Space Magazine n. 5 del 2014 – come quello rappresentato dalla costellazione italiana Cosmo-SkyMed, esistono sia vincoli di progettazione e realizzazione del sistema, sia vincoli di utilizzo dello stesso, con impatti su tutto il ciclo di vita del programma. La fase di gestione operativa della missione, per esempio, ha richiesto la definizione di una regolamentazione adeguata a far convivere le due componenti, quella civile e quella militare, per l’utilizzo del sistema, la cui fattiva collaborazione ha rappresentato un punto di forza che ha portato vantaggi alla componente civile, sia istituzionale sia commerciale, con ricadute positive anche nel contesto internazionale”.

Questo articolo è stato pubblicato sul numero di novembre  di Global Science

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