Le immagini satellitari non sono più soltanto strumenti di ricerca scientifica o di osservazione ambientale, ma diventano oggi risorse vitali nelle ore immediatamente successive a un disastro naturale. Nella Emergency Room di e-Geos, a pochi chilometri dal centro di Roma, un team di esperti lavora senza sosta per trasformare i dati provenienti dallo spazio in mappe operative utilizzate da protezioni civili e organizzazioni internazionali. È qui che — come raccontato nella prima puntata di Space Panorama di Fondazione Leonardo — le tecnologie spaziali per disastri naturali mostrano la loro efficacia, offrendo un supporto immediato a chi interviene sul campo dopo terremoti, alluvioni o incendi.
Indice degli argomenti
Dentro la Emergency Room di e-Geos
La sala emergenze di e-Geos è il cuore del servizio Copernicus Emergency Management, uno dei programmi europei più avanzati dedicati al monitoraggio delle catastrofi. L’ambiente operativo si presenta come una doppia stanza: da una parte il coordinamento, dall’altra i computer collegati in tempo reale ai sistemi satellitari. Ogni schermo rappresenta una finestra sul mondo, capace di mostrare in poche ore i danni causati da eventi naturali.
Secondo quanto raccontato da Lucia Luzietti, responsabile e-Geos dell’analisi dei dati Copernicus, «il primo utilizzatore delle nostre analisi è la Protezione Civile che opera sul campo. Tipicamente per il servizio Rapid Mapping è la sala operativa di Bruxelles che ci chiama, inviandoci tutte le informazioni relative all’evento». Da quel momento scatta una corsa contro il tempo, perché entro due ore gli operatori devono completare l’analisi iniziale, definire con gli utenti le aree affette e attivare i satelliti per acquisire immagini utili.
Il fattore tempo: una corsa contro le ore
Ogni minuto è prezioso quando si tratta di fornire dati affidabili a chi coordina i soccorsi. «Nell’arco di due ore dobbiamo completare l’analisi e definire con l’utente l’area di interesse sulla quale acquisire le immagini per non perdere un passaggio satellitare utile», sottolinea Luzietti.
La rapidità si traduce in capacità di scegliere subito le tecnologie migliori. Le immagini ottiche permettono di osservare nel dettaglio edifici e infrastrutture, ma in caso di condizioni meteo avverse vengono utilizzati sensori radar, capaci di “vedere” attraverso le nubi. A disposizione del centro ci sono sia le missioni europee Sentinel, parte del programma Copernicus, sia la costellazione italiana COSMO-SkyMed, che consente acquisizioni ad alta risoluzione fino a 30 centimetri.
Le tecnologie satellitari al servizio dei soccorsiDalle alluvioni agli incendi
Dalle alluvioni agli incendi
L’utilità delle immagini satellitari si manifesta in scenari molto diversi. Nel caso delle alluvioni, le mappe elaborate mostrano l’estensione delle aree sommerse e la loro evoluzione nel tempo. Durante l’alluvione che ha colpito la Romagna nel 2023, e-Geos ha utilizzato immagini radar per identificare le aree coperte dall’acqua, le tracce di fango e i danni agli edifici. «Siamo riusciti a rispondere in maniera abbastanza rapida anche durante l’evento, senza aspettare che il cielo fosse pulito per acquisire immagini ottiche», spiega Nicolino Grassi, responsabile e-Geos dei servizi emergenza e sicurezza.
In caso di incendi, invece, le mappe permettono di localizzare le fiamme attive e stimare l’estensione delle aree bruciate. Informazioni fondamentali per le squadre di soccorso che devono pianificare le operazioni in territori spesso estesi e difficili da raggiungere.
I terremoti e l’analisi dei danni
Per i terremoti, la metodologia cambia. Le mappe vengono costruite confrontando immagini satellitari precedenti all’evento con quelle acquisite subito dopo. In questo modo è possibile valutare la gravità dei danni a edifici, strade e infrastrutture. Un esempio citato dagli operatori riguarda il terremoto in Myanmar, dove le analisi hanno permesso di rappresentare con codici colore diversi la gravità dei danni su decine di aree.
Catastrofi lontane e vicine
Non sempre le catastrofi si verificano in luoghi remoti. A volte colpiscono a poca distanza dalla sala operativa. È il caso del terremoto di Amatrice del 2016, che fece tremare anche l’edificio romano di via Tiburtina. «Qui il terremoto lo abbiamo sentito molto bene, tutto sommato Amatrice è vicina e molti colleghi avevano delle conoscenze ad Amatrice», ricorda Luzietti, sottolineando le difficoltà di lavorare senza sosta per giorni tra l’emozione personale e la pressione professionale.
Altre volte, invece, le difficoltà derivano dalla distanza e dalle scarse comunicazioni. Durante il terremoto in Nepal del 2015, e-Geos fu costretta a produrre mappe a bassa risoluzione per permettere la stampa sul campo, poiché le connessioni satellitari non consentivano di scaricare file troppo pesanti. «A distanza di settimane – racconta Luzietti – l’Unicef ci chiese di supportare alcuni villaggi lontani dai centri abitati più importanti per comprendere il livello di danni e identificare le strade percorribili, perché si erano innescate diverse frane».
Una rete globale per la protezione civile
Dal 2012 a oggi il servizio Rapid Mapping e il successivo Recovery Mapping, che analizza i danni a emergenza terminata, sono stati attivati in quasi un migliaio di casi. Si tratta di emergenze distribuite in decine di Paesi, dalle alluvioni europee ai terremoti asiatici, fino agli incendi mediterranei.
La funzione delle tecnologie spaziali per disastri naturali non si limita alla raccolta di immagini, ma consiste nel trasformarle in strumenti concreti di supporto operativo. Le mappe generate a partire dalle osservazioni satellitari diventano materiali immediatamente utilizzabili per prendere decisioni: individuare strade ancora percorribili, stabilire le aree prioritarie per i soccorsi, localizzare le zone più colpite.





