LA MISSIONE

Il mistero della temperatura del Sole “svelato” dal Solar Orbiter

In campo un team internazionale Esa-Nasa a guida Inaf a cui partecipano anche ricercatori dell’Università di Firenze, Agenzia Spaziale Italiana e Consiglio Nazionale delle Ricerche. Realizzate per la prima volta in assoluto misure simultanee della struttura a grande scala della corona e delle sue proprietà cinetiche e microfisiche. Confermata la teoria della turbolenza

15 Set 2023

Paolo Marelli

solar orbiter

Svelato un enigma cosmico che dura ormai da parecchi decenni: la temperatura del Sole. Grazie all’intuizione del team della missione internazionale Esa-Nasa, la sonda Solar Orbiter ha eseguito un’accurata sequenza di manovre in volo per sfruttare il concomitante supporto osservativo di Parker Solar Probe (un altro veicolo spaziale destinato allo studio del Sole) e realizzato per la prima volta in assoluto misure simultanee della struttura a grande scala della corona solare e delle sue proprietà cinetiche e microfisiche.

I risultati dello studio sono stati pubblicati in un articolo sulla rivista “The Astrophysical Journal Letters” e ottenuti da un team internazionale a guida Inaf (Istituto nazionale di astrofisica) a cui partecipano anche ricercatori dell’Università di Firenze, Agenzia spaziale italiana (Asi) e Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), indicano che i fenomeni di turbolenza siano i principali responsabili del riscaldamento della corona solare alle temperature osservate.

Lo studio del Sole

L’atmosfera del Sole è chiamata corona. È costituita da un gas elettricamente carico – il cosiddetto plasma – e ha una temperatura di circa un milione di gradi Celsius. La sua temperatura è un mistero per gli scienziati perché la superficie del Sole è di “appena” 6000 gradi. La corona dovrebbe essere più fredda della superficie perché l’energia del Sole proviene dalle reazioni di fusione nucleare che avvengono nelle sue regioni centrali e la temperatura diminuisce progressivamente via via che ci si allontana da esse. Eppure la corona è più di 150 volte più calda della superficie. Deve esserci un altro metodo per trasferire l’energia nel plasma, ma quale?

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Solar Orbiter cruciale

Da tempo si sospetta che la turbolenza nell’atmosfera solare possa provocare un riscaldamento significativo del plasma nella corona. Ma quando si tratta di studiare questo fenomeno, i fisici solari si scontrano con un problema pratico: è impossibile raccogliere tutti i dati necessari con un solo veicolo spaziale. Per avere un quadro completo, sono intanto necessari almeno due veicoli spaziali. Oggi, questa prima richiesta è soddisfatta grazie a Solar Orbiter e alla sonda Parker Solar Probe della Nasa. Solar Orbiter è stato progettato per avvicinarsi il più possibile al Sole ed eseguire operazioni di telerilevamento e misurazioni in situ.

Un lavoro di squadra

Daniele Telloni, ricercatore dell’Inaf a Torino, fa parte del team scientifico dello strumento Metis a bordo di Solar Orbiter. Metis è un coronografo progettato dall’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf), Università di Firenze, Università di Padova, Cnr-Ifn, e realizzato dall’Asi con la collaborazione dell’industria italiana, che riesce a bloccare la luce proveniente dalla superficie del Sole e fotografa con elevato contrasto e livello di dettaglio la corona.

Metis, insomma, è lo strumento perfetto da utilizzare per le misurazioni su larga scala delle regioni più esterne dell’atmosfera solare.

“Questo lavoro è il risultato del contributo di moltissime persone e per coordinarlo servivano competenze sia sull’ambiente coronale che eliosferico”, continua Daniele Telloni: “Io ho avuto la fortuna e il privilegio di avere come mentori due giganti della fisica coronale e dello spazio interplanetario, Ester Antonucci e Roberto Bruno, rispettivamente, entrambi dell’Inaf”.

Importanti risultati

Confrontando i dati misurati con le previsioni teoriche sviluppate nel corso degli anni, il team ha dimostrato che i fisici solari avevano quasi certamente ragione nell’identificare la turbolenza come un modo efficiente per trasferire energia dalla superficie del Sole agli strati più esterni della sua atmosfera.

“Questo è solo l’ultimo di una serie di importanti risultati ottenuti grazie ai dati acquisiti da Metis e dimostra quanto sia utile poter combinare dati simultanei di remote sensing e misure in-situ del vento solare, consentendo di studiare processi fisici come quelli legati al riscaldamento coronale su tutte le scale spaziali di interesse”, dichiara Marco Stangalini, ricercatore e responsabile di programma Asi della missione Solar Orbiter.

@RIPRODUZIONE RISERVATA

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